martedì 30 ottobre 2012

M.Butterfly (D.Cronenberg,1993)

Il diavolo bianco imperialista, una presunta superiorità nei confronti di una cultura che sentiamo lontana e ancor più "distante". Il tema del film di Cronenberg è questo e non solo questo. Affronterà soprattutto l'amore assoluto che può catturare un uomo fino a farlo sublimare dalla sua stesa essenza di uomo, la dedizione verso la perfezione di un rapporto con un altro essere umano, l'idealizzare l'altro tanto da diventarlo. La trama: Un magnifico Iron è un contabile dell'ambasciata francese nella Cina dei primi anni 60, poco prima e durante la Grande rivoluzione culturale. Vive con le sue insicurezze una vita tutto sommato monotona e piatta. Distanti culturalmente da quel paese e convinti di poterne gestire l'avvenire politico sono tutti i suoi occidentalissimi colleghi e lui pare seguirne, senza troppa convinzione, le stesse idee. Durante una rappresentazione teatrale, la Madama Butterfly, conosce una cantante lirica...una donna dal fascino misterioso, che parla direttamente ai suoi sensi e lo stordisce con i suoi modi leggeri e parole sussurrate e pensieri antichi. Diventerà la sua ossessione, vivrà per vederla e toccarla o meglio sfiorarla appena, tanto quanto basterà a sfamare quella possessione dei sensi che ormai lo pervade. Tanto idillio si scontra con il vero intento e missione della donna...carpire informazioni per lo spionaggio cinese. Renè (Iron) tornerà in Francia per il cattivo lavoro svolto nell'ambasciata e dopo alcuni anni rivedrà la sua Butterfly a Parigi. La donna lo aveva da tempo convinto di aver avuto un figlio da lui. Ma il destino del nostro Renè è un processo per alto tradimento e sconvolgenti (forse) scoperte sulla sua amata Butterfly. Cronenberg sembra abbandonare, per un film quasi classico, le sue visionarie scene alla Videodrome. Apparentemente cuce un racconto (incredibilmente tratto da una storia vera) dove non viene richiesto quel solito sforzo mentale e fisico che accompagna i suoi famigerati lavori...ma non mancherà di lasciare segni e firme del suo genio. L'ambiguità è il sottotitolo di ogni scena del film...ambigua è la donna, ambigua la sua cultura. Questo inizialmente attirerà quel "diavolo bianco", l'attrazione verso l'esotico è vecchia storia...ma poi, passo dopo passo l'ambiguità si confonderà con la falsità. Il creduto diventerà inganno, l'evidente un miraggio. La stessa ipocrisia imperialista che risulta nella malcelata accettazione dell'altro, esemplificata dalle mura di un'ambasciata straniera spesso intesa solo fortino a difesa di diversità, diventerà ostacolo insormontabile quando il finale e il vero saranno nudi davanti agli occhi del protagonista...lui vuole che il suo mondo rimanga il mondo pensato e sperato, è salito ormai a vedere il più bello degli amori possibili e non riesce a volgere verso il basso lo sguardo e tantomeno a tornare indietro. La soluzione è il sacrificio, è Isacco immolato per un amore più grande...come fosse la morte quel varco da passare per non rimanere solamente e semplicemente uomini.