domenica 24 novembre 2013

I Diabolici - Les Diaboliques (H.G. Clouzot,1955)

Vi dovessero chiedere quale film primeggia nella vostra personale classifica dei thriller…cosa rispondereste? La risposta sembra ovvia..Psyco. Il film del baronetto Hitchcock è pietra di paragone e una vera icona, ma esistono film più “nascosti” che hanno pari valore e pari bellezza…ed alcuni hanno anche preceduto Psyco di diversi anni. Uno di questi è un intrigante film francese: I Diabolici. Film di H.G.Clouzot del 1954, sei anni prima di Anthony Perkins e della famigerata doccia. Una curiosità: qui, come nell’altro, l’omicidio chiave del film avviene in bagno, in una vasca, quasi a voler utilizzare in entrambi l’elemento acqua come metafora di vita che scorre e che viene “interrotta” con la facilità con cui si riesce a serrare un rubinetto. Si bandisce qualsiasi nota musicale, il film è pervaso da un silenzio assordante e sembra la migliore colonna sonora per le gesta delle due protagoniste femminili. Una (Vera Clouzot) è la direttrice in un collegio vicino Parigi e l’altra (Simone Signoret) una delle insegnanti. Il loro piano è uccidere, facendolo sembrare una disgrazia, il marito della direttrice, dispotico e manesco donnaiolo, che tiene entrambe in pugno con la paura e la violenza. Fuggono dal collegio e, sicure di essere seguite dall’uomo, lo fanno cadere in una trappola e lo uccidono…questo l’inizio del film, poi colpi di scena e sconvolgimenti di trama ci faranno assistere ad un bel esempio di cinema d’autore, thriller virato all’horror e fotografato come i migliori noir. Solo l’interpretazione della Clouzot appare sopra le righe, esageratemente drammatica e poco adeguata al personaggio, per lei anche qualche piccola concessione al sexy (camicia da notte trasparente, fin troppo per i primi anni ’50…ma siamo pur sempre in Francia), per il resto tutti all’altezza dei ruoli. Parlando di personaggi e fatti che ce ne ricordano altri, il commissario del film è incredibilmente simile in movenze e comportamento nel modo di indagare al tenente Colombo , tanto da farci dubitare si tratti di una semplice coincidenza. Trama e ancor più finale tanto copiato in futuro da altri e ben meno meritevoli film da far gridare al plagio ad ogni inquadratura. Film dall'atmosfera unica.

martedì 12 novembre 2013

Il Tagliagole - Le Boucher (C.Chabrol,1970)

Non servono sempre i tetri corridoi di un castello o boschi brumosi tra ululati e ombre sfuggenti per poter rappresentare l’orrore, non solo deformi e pazzi zombie possono generare paura…a volte, anzi spesso, sono quotidiano e vicinato la vera fucina del peggior terrore, quello che unge le giornate di tutti, quello che quasi sempre è represso dal nostro buon comportamento educato e civile, ma che in tutti noi esiste. Se c’è da rappresentare il morboso del vivere in provincia, la noia e l’angoscia dietro le maschere dei vari personaggi del paesino e le loro nascoste devianze…pochi più dei cineasti francesi potrebbero far meglio. Fin dalle prime scene del banchetto nuziale iniziamo a sospettare, a qualcosa dietro quelle risa e quei canti non riusciamo a dare un nome e un volto, ma c’è...e già ci soffoca. Complice è la musica (come è sempre in un film, muti o sonori che siano) che anche quando dovrebbero essere le ben note ballate francesi ad accompagnare la camminata della seducente e gelida maestra Helene (Stephane Audran) diventano invece note distorte e hitchcockiane. Quindi dov’è quel male che avvertiamo e non vediamo ancora? E’ in un serial killer che uccide le ragazze del paese…un insospettabile che vive tra loro. Un parallelo tra questo film e il colpevolmente sconosciuto The Wicker man di Robin Hardy (1973) è facile ed opportuno da fare, hanno la medesima atmosfera, la medesima sensazione di quanto possa essere sconvolgente il vero volto dietro la maschera di una forzata felicità. Felicità che nel film di cui parliamo oggi dovrà ben presto lasciare il posto alla paura, quell’assassino è vicino, forse il paese lo conosce…e una traccia sta per smascherarlo. Il ritmo del film è lento il giusto e certo non riscontrerebbe i gusti di chi ama frenetici inseguimenti o vorticosi cambi di inquadratura, ma è inesorabile nello sprofondare in un baratro che solo un thriller con tanta eleganza come questo riesce a imbastire. La stessa ragazza che nell’iniziale banchetto di nozze era la felice sposina ora è l’ennesima vittima, la stessa comunità che aveva gioito e brindato ora si ritrova al suo funerale, impotenti si scoprono e impotenti sono nel difendere i membri di quel microcosmo che sono e che con le regole non scritte di una strettissima convivenza dovrebbe salvarli dal “pericolo”. Rimane da trovare il colpevole…Chabrol è bravo a darci indizi e farli saltare subito dopo, crediamo di aver capito e invece ci vorrà gran parte del film prima di arrivare a scoprire la verità. Questa, una volta svelata, ci porterà ad un finale bello e seriamente triste…da godere fino all’ultima inquadratura. Buon film, per il bel affresco che abbiamo della provincia francese e per un buonissimo “soggetto”, che avrebbe forse avuto bisogno di essere sviluppato di più in tutta la durata del lungometraggio e non limitarsi ad un picco qualitativo nel quarto d’ora finale…minuti finali di gran cinema e di ottima recitazione dei due protagonisti.

venerdì 1 novembre 2013

Nomads (J.McTiernan,1986)

Gli esordi, per attori e registi, spesso nascondono la vera natura, il vero talento e certamente la grande passione di questi nel cimentarsi con i primi, sempre delicati, passi nel rilucente mondo della settima arte. Nomads è questo per John McTiernam (il regista) e praticamente (escludendo le serie tv) lo è anche per il bel Pierce Brosnan. McTiernam dirigerà poi Die Hard e Ottobre Rosso, successi…ma la vena dello sperimentatore, il voler dimostrare a colleghi e mondo la sua bravura avrà già lasciato il posto alle regole dei più “educati e corretti” blockbuster. Questa “opera prima” è invece di una eleganza rara e tanto piena di naturale maturità che è capace di ritagliarsi, nel panorama dei tanti horror made in USA anni ’80, un posto di sicuro valore…avrà poca diffusione, come succede spesso ai bei film di genere, ma non l’oblio a cui sono destinate, dopo il clamore iniziale, le grandi produzioni solo “chiacchiere e dollaroni”. Nomads si lascia scoprire un po’ alla volta, un po’ alla volta veniamo a capo del mistero che circonda la morte, durante un urgente ricovero in ospedale, di un antropologo famoso (Brosnan) ridotto come un vagabondo e che, in francese, sussurra qualcosa all’affascinante dottoressa che lo ha in cura (Lesley-Anne Down), mordendole a sangue un orecchio prima di morire…una frase sconosciuta, un “contatto” che avrà conseguenze spaventose. Numerosi flashback e una intrigante musica di sottofondo (dello “Stalloniano” Bill Conti) rendono il susseguirsi delle vicende quasi un’esperienza soffocante e a tratti vagamente allucinogena. L’essere riuscito a creare quest’atmosfera è il merito più grande del regista (anche sceneggiatore) e dei protagonisti, credibili e bravi senza alcun dubbio. Tanti piccoli criptici episodi ci traghettano verso la soluzioni dell’arcano e lo fanno con la stessa lentezza della PBR sulle acque del Nung che porta Willard da Kurtz..la stessa perfetta costruzione della tensione. Quel morso ricevuto porterà la nostra bella dottoressa a rivivere gli ultimi giorni di vita del suo strano paziente. A riviverli “fisicamente”, un transfert micidiale e debilitante…una trovata geniale, che avrà innumerevoli tentativi di scopiazzatura negli anni e nei film horror a venire. Il mistero è un gruppo di punk e il loro furgone nero, che si aggira minaccioso davanti la nuova casa del nostro antropologo e della sua moglie francese, un mistero che il curioso professore vuole capire e studiare. Li segue con la sua Fiat 131 (questo si che è un gran mistero! una fiat 131 scelta come macchina del bel protagonista americano?!..mah!?) e li fotografa…ma non può certo immaginare la vera natura di quei ragazzi, quanto poco di “umano” ci sia in loro e cosa finiranno per fargli. Non dormono, non vivono da nessuna parte..sono nomadi, come quelli fotografati nei sui tanti viaggi in africa o al polo, sono questo e ben altro, si..ma cosa? Come Alex e i suoi Drughi si aggirano per la città, borchie e pelle e violenza. Un horror metropolitano di gran fascino e che meriterebbe, oltre alla visione, molte più citazioni e fama nel panorama dei film di genere…poco sangue e tanta atmosfera.