Non servono sempre i tetri corridoi di un castello o boschi brumosi tra ululati e ombre sfuggenti per poter rappresentare l’orrore, non solo deformi e pazzi zombie possono generare paura…a volte, anzi spesso, sono quotidiano e vicinato la vera fucina del peggior terrore, quello che unge le giornate di tutti, quello che quasi sempre è represso dal nostro buon comportamento educato e civile, ma che in tutti noi esiste. Se c’è da rappresentare il morboso del vivere in provincia, la noia e l’angoscia dietro le maschere dei vari personaggi del paesino e le loro nascoste devianze…pochi più dei cineasti francesi potrebbero far meglio. Fin dalle prime scene del banchetto nuziale iniziamo a sospettare, a qualcosa dietro quelle risa e quei canti non riusciamo a dare un nome e un volto, ma c’è...e già ci soffoca. Complice è la musica (come è sempre in un film, muti o sonori che siano) che anche quando dovrebbero essere le ben note ballate francesi ad accompagnare la camminata della seducente e gelida maestra Helene (Stephane Audran) diventano invece note distorte e hitchcockiane. Quindi dov’è quel male che avvertiamo e non vediamo ancora? E’ in un serial killer che uccide le ragazze del paese…un insospettabile che vive tra loro. Un parallelo tra questo film e il colpevolmente sconosciuto The Wicker man di Robin Hardy (1973) è facile ed opportuno da fare, hanno la medesima atmosfera, la medesima sensazione di quanto possa essere sconvolgente il vero volto dietro la maschera di una forzata felicità. Felicità che nel film di cui parliamo oggi dovrà ben presto lasciare il posto alla paura, quell’assassino è vicino, forse il paese lo conosce…e una traccia sta per smascherarlo. Il ritmo del film è lento il giusto e certo non riscontrerebbe i gusti di chi ama frenetici inseguimenti o vorticosi cambi di inquadratura, ma è inesorabile nello sprofondare in un baratro che solo un thriller con tanta eleganza come questo riesce a imbastire. La stessa ragazza che nell’iniziale banchetto di nozze era la felice sposina ora è l’ennesima vittima, la stessa comunità che aveva gioito e brindato ora si ritrova al suo funerale, impotenti si scoprono e impotenti sono nel difendere i membri di quel microcosmo che sono e che con le regole non scritte di una strettissima convivenza dovrebbe salvarli dal “pericolo”. Rimane da trovare il colpevole…Chabrol è bravo a darci indizi e farli saltare subito dopo, crediamo di aver capito e invece ci vorrà gran parte del film prima di arrivare a scoprire la verità. Questa, una volta svelata, ci porterà ad un finale bello e seriamente triste…da godere fino all’ultima inquadratura. Buon film, per il bel affresco che abbiamo della provincia francese e per un buonissimo “soggetto”, che avrebbe forse avuto bisogno di essere sviluppato di più in tutta la durata del lungometraggio e non limitarsi ad un picco qualitativo nel quarto d’ora finale…minuti finali di gran cinema e di ottima recitazione dei due protagonisti.