martedì 22 luglio 2014

Barbara, il mostro di Londra - Mr. Jekyll & Sister Hyde (R.W. Baker,1971)

Il dottor Jekyll sta lavorando al siero dell’eterna giovinezza. Allo scopo preleva ormoni dai cadaveri di giovani ragazze e se li inietta. Ben presto subisce una trasformazione e questa volta il classico Mr. Hyde è una donna: Barbara.
Capita a volte di amare devotamente dei film considerati minori, uno di quei film che, per molti,  ha il solo merito di allungare la lista dei lavori nella filmografia di un regista. Barbara, il mostro di Londra è uno di questi. Non un’opera sconosciuta, è pur sempre una delle migliori (a parer mio) produzioni della benemerita Hammer, ma non ha mai raggiunto i livelli riservati ai grandi classici…un film minore di ottima fattura, questa è la più diffusa opinione tra gli spocchiosi e monotoni critici cinematografici. Invece meriterebbe podi e allori, meriterebbe le proiezioni nelle lezioni di regia e le citazioni nelle dotte pagine dei libri sul cinema. Nulla, non uno sguardo, non un dialogo sono lasciati al caso e ogni personaggio, principale o minore, sarebbe degno di essere esso stesso il protagonista in altrettanti film. Lo sono i due profanatori di tombe, il becchino e tanti altri…ma prima di ogni altro lo è una Londra nebbiosa e cinica, quella dei bordelli e dei pub di fine ‘800, quella dei vicoli e dei misteri. Il soggetto è preso dal Jekyll e Hyde di Stevenson, ma stravolto e contaminato con i delitti di Whitechapel e Jack the Ripper. Il tutto a plasmare una sintesi di indubbio fascino e di inevitabile unicità. La pellicola scorre piacevolmente e senza annoiare, i delitti sono atroci ma nei limiti del “guardabile” e l’erotismo lega e condisce tutto il girato. Sarebbe certo stato difficile immaginare il contrario dopo aver letto il nome della protagonista femminile, quella Martine Beswick che l’Italia conoscerà meglio nei film con Franchi e Ingrassia (Ultimo tango a Zagarolo) ma che il mondo aveva già “ammirata” come una delle più seducenti Bond-girls (Dalla Russia con amore e Operazione Tuono). Il trucco, il geniale trucco, è sicuramente l’aver trovato due protagonisti (Ralph Bates e la Beswick) con una somiglianza quasi “familiare”. La “trasformazione” da Dottor Jekyll a Sister Hyde è credibile quanto intrigante e ne guadagna tutto il film, risultando un godibilissimo horror di una volta, che non si prende sul serio e utilizza l’incredibile per intrattenere più che per disorientare. Sdoppiamento della personalità, transessualità o meglio ancora androginia sono il colpo d’ariete alla cultura vittoriana, ma intesa come perfetta metafora degli sconvolgimenti sociali e sessuali che l’Inghilterra dei primi anni ’70 viveva giornalmente. Barbara, il mostro di Londra è un film da non perdere e da dissotterrare dalla catasta dei moltissimi film di genere dimenticati negli scaffali delle videoteche…di un’opera, a volte, si perdono le tracce per decisione sbagliata di chi si nasconde dietro le facili e “banali” citazioni dei soli blasonati film horror vintage e dimentica quanto di buono e, spesso, di notevole esista nei film minori. Ci sarebbe da stupirsi più e più volte nel rendersi conto di quanto i “capolavori” premiati debbano, per personaggi e atmosfere, ai loro “cugini” minori…esperimenti e parco giochi di tanti talentuosi quanto poco “agganciati” registi di genere. Da godere assolutamente in lingua originale, il perfetto inglese e la recitazione di tutti aumenta il valore generale dell’opera.

domenica 13 luglio 2014

Il maligno - The Devil's rain (R.Fuest,1975)

Le visioni su tela di Hieronymus Bosch accompagnano i titoli di testa…ma un inaspettato sole messicano ci spiazza già nelle prime scene del film. La cupezza che, forse ingenuamente, ci aspettavamo dopo quelle grottesche e apocalittiche figure di dannati e demoni è invece un accecante deserto e un villaggio abbandonato nel nulla. Già da questo intravediamo originalità e novità. Non sono le nebbie e i tetri manieri a fare da quinta al film, ma si tenta di attualizzare l’horror traghettandolo in una “diversamente spaventosa” contemporaneità, ottenendo un risultato, certamente meno suggestivo, ma che farà da ponte (siamo nel 1975) a tutto il filone del “horror rurale” americano degli anni a seguire. Anche il cast ci appare “diverso”. Leggere i nomi di “glorie” di Hollywood come Ida Lupino o dell’italianissimo (!) Borgnine sulla locandina di un film che rischiava, come è effettivamente accaduto, di rimanere al massimo tra i piccoli cult di genere, è quantomeno singolare. Vedere personaggi incappucciati in quel profondo sud americano ci rimanda alla memoria più l’odioso KKK che satana e seguaci, ma anche per questo il film guadagna in atmosfera. Nascono dalla “chiusura” mentale di chi abitava quei posti sia il razzismo del Klan che le varie sette religiose e sataniche che eccitavano e deviavano le menti delle comunità rurali. Da un processo e relativo rogo, che secoli prima aveva “giustiziato” il satanista Corbin, parte la storia del film. Questo è un essere demoniaco e apparentemente immortale che dopo 300 anni torna per riprendere un oggetto che è parte stessa del suo potere malvagio. E’ un libro che elenca il nome delle anime dannate che aveva consegnato al diavolo. Custode di quel libro, fin dai tempi del processo, è la famiglia Preston e, ora che Corbin è tornato, per tutti i componenti della famiglia la vita diventerà pericolosa e spaventosa. Per trasmettere questo “spavento” anche al pubblico in sala, Robert Fuest (il regista) si affida a bravissimi realizzatori di effetti speciali, una vera squadra, il cui compito è: lasciare sconvolti sulle loro poltrone al cinema quante più persone possibili. Per l’epoca e per i mezzi a disposizione il compito sembrava tanto difficile quanto ottimo fu poi il risultato. In particolare, il modo che Wenger e compagni escogitano per rappresentare la morte dei seguaci incappucciati di Corbin, letteralmente si sciolgono davanti ai nostri occhi, ha, non solo ottenuto l’effetto di sconvolgere il pubblico, ma provocato vere scene di panico e svenimenti nelle sale di programmazione. Il finale, ben 15 min di liquefazioni varie,  ha convinto e disturbato ma, compresi tanti futuri registi allora adolescenti, lo ricorderanno tutti. La Pioggia del Diavolo (questo il titolo originale) è, per l’America, il film dove il “satanismo”, già filone apprezzato due anni prima con L’esorcista, diventerà definitivamente una delle declinazione del nuovo horror di quei stranissimi e psichedelici anni ’70…anni dove si abbandoneranno del tutto i romanzi e i racconti gotici ottocenteschi per sostituirli, nella ricerca dei soggetti per un film, con il quotidiano, con le fobie e con le nuove paure dell’uomo di questo secolo.
Prima volta sullo schermo per un giovane John Travolta...piccola particina, niente di che.