giovedì 23 agosto 2012

Paris qui dort (R.Clair,1925)


...50min di attacchi alla povertà di rapporti umani nella società moderna...La Parigi dei '20 bloccata in un sonno generale da un raggio di un esperimento mal riuscito. Non verrà colpito da questo letargo il guardiano della Torre Eiffel...che sceso "a terra" e appurato il fatto d'esser solo in città (e al mondo), dopo l'iniziale sconforto, approfitta dei "beni materiali" e delle vite altrui. Questo lo divertirà per alcuni momenti ma ben presto dovrà ricredersi...e cercherà il conforto di un rapporto umano perso, ma...Una metafora feroce verso un mondo chino al progresso e che ha svenduto solidarietà e compassione. Meravigliosa la Parigi dei primi 20anni del secolo scorso, presa come in un'eterna cartolina...senza auto e passanti chiassosi..vista dall'alto del suo monumento più famoso. Gioiello presente interamente su youtube...Una dolcissima opera di Clair...





A snake of june (S.Tsukamoto, 2002)

...Un attore è anche corpo...carne e sangue. Essere capaci di far recitare anche il respiro o il cenno di una mano è bagaglio di pochi registi. Tsukamoto muove i suoi personaggi in ambienti piovosi e che già da soli riescono a far sentire il bisogno di chiudersi in casa...di non mostrarsi bagnati, dalla pioggia e dalle nostre stesse particolari diversità. L'obiettivo di una macchina fotografica diventa bisturi...taglia, indaga e guarisce. Ormai il malessere ha avvolto l'esistenza e percorre la società...suicidi, perversioni e manie sono la cartina di tornasole del grado raggiunto...due individui, sembra dirci Tsukamoto, possono incontrarsi ormai solo condividendo un dramma...la felicità è cosa non più dell'uomo. Fotografia virata in blu, quello del gelido ghiaccio dei rapporti...scaldati dalla passione fugace e da un eros latente, unica individuale consolazione. Molto bello...Asuka Kurosawa ammalia.

mercoledì 22 agosto 2012

Zero in condotta (J.Vigo,1933)

...Uno di quei film dove ritrovi nello spirito del regista un possibile compagno di conversazioni, per argomenti e sensibilità. Cromosomi di questo film li troveremo in numerose opere future, palese e banale è L'attimo fuggente...dove Keating fa il verso ad Huguet col suo salire sulla cattedra. La storia racconta di una giocosa (ma molto seria) rivolta di ragazzi...pieni del loro innato spirito libertario, decisi a riprendersi tutto...A punire chi vessa un compagno, a rendere ridicole ed evidenti le malattie dell'adulto incoerente e inutilmente autoritario. Vigo non teme le proprie idee, le palesa come meglio non potrebbe...le accompagna con un sottofondo di risa di fanciulli, che rimane nelle orecchie quanto la Cavalcata delle Valchirie per Coppola. Vigo è quello de L'Atalante e di una perla come "A proposito di Nizza" (da vedere)...Vigo è quello che aiuterà a scegliere il mestiere che da grandi arriveranno a fare buona parte dei cineasti mondiali...(almeno quelli che hanno avuto l'umiltà di vedere i suoi film, e non posare l'occhio sulla camera con il solo pensiero al botteghino).

Kairo/Pulse (K.Kurosawa, 2001)

...Sicuramenmte un horror, ma azzarderei anche una definizione alternativa...un horror-sociologico. Ci sono gli elementi del classico film "de paura" jap e ad altissimi livelli ma anche molto più che quelli. Il film è lento, non per errore ma per scelta. Vuole rappresentare un naturale scorrere del tempo nelle giornate di alcuni studenti/lavoratori, dove le vicende saranno sfilettate di terrore...e dico: TERRORE. L'aspetto sociologico è nel voler rappresentare l'apparente totale connessione che abbiamo nell'era di internet vista qui come maschera di una assoluta solitudine, non risolta con la "rete" ma enormemente accentuata. Se avete problemi con l'addormentarvi dopo un film "leggermente aspro" evitate questo...dopo minuti di calma e quasi noia si vivono secondi, e pochi bastano, che farebbero decidere di smetterla li, con questo e con gli horror in generale. Dopo Ringu è il migliore del genere (credo io)...e Kurosawa è bravo. Geniale filo conduttore la trovata delle "stanze misteriose" chiuse sigillate con del nastro rosso...dei varchi da evitare ma anche per questo inevitabili. Una storia di fantasmi, che vivono con noi, che comunicano, che una volta mostratoci l'abisso e il loro esserci ci portano via con loro...

L'Arca Russa (A.Sokurov, 2002)

...90min, un'unica lunghissima scena senza interruzioni e salti temporali...tecnica difficile e rischiosa. Sokurov non si spaventa certo per questo...crea la sfida, la affronta e porta a fine un film unico e interessante. Dico interessante perchè non è un capolavoro, questo no...ma certamente un documento/racconto sulla grandezza della storia e dell'arte russa..ottimamente pensato, quella degli Zar e prima della rivoluzione..con le sue tante luci e tantissime ombre. Lo stratagemma usato è affidare il narrato ad un personaggio che non appare mai e ad una guida d'eccezione che ci porterà tra i saloni dell'Hermitage...mostrando, commentando e giudicando. Scene incredibilmente perfette (ultime sequenze del ballo da antologia..) considerando la tecnica usata, un'ennesima prova della bravura di Sokurov...che non si acconteterebbe neanche di essere paragonato a se stesso. Adorabile megalomane....

Il mangiaguardie/Themroc (C.Faraldo, 1972)

...Volete la rivolta, l'animale affamato di caos...quello che sovverte?..Questo è il film. Film senza dialoghi, solo grugniti, (e intendo senza una parola in nessuna lingua, un muto rumoroso) come i primati in Odissea 2001..Scene, personaggi ed eccessi fiondano lo spettatore in un mondo anarchico e diverso. Un muro non è più confine sicuro ma un ostacolo da abbattere platealmente..Le auto inutili orpelli..L'autorità un bersaglio da lunapark, gli uomini in divisa una cena (da qui il titolo)...Themroc, una medicina contro l'inevitabile reflusso biliare che il momento che viviamo ci procura. M. Piccoli è (come sempre) già da solo un motivo per amare il cinema.



martedì 21 agosto 2012

L'isola (K.Ki-Duk,2000)

...Come quando le prime luci dell'alba rischiarano le colline o il mare...appaiono cosi i primi "fotogrammi d'arte", non banale pellicola quella che Kim Ki-Duk ci regala. Gocce di colore pastello incastonati in scenari di brume e acqua. Una donna silenziosa che vende ami, esche e se stessa. Vende ad insensibili uomini grassi e arroganti, che comprano non sapendo conquistare, che gettano via non sapendo apprezzare. Lui, fuggiasco e debole...vuole morire, non ha più nulla per cui vivere, se non gli occhi appena incontrati di quella donna sulla riva di quel lago. La passione è violenza e possesso, nessuno deve entrare tra i loro sguardi...vuoi vedere quanto male mi dai?...Ecco!.Guarda!...Ami che lacerano la pelle, che rendono eterno un dolore, quasi una preghiera..un rito pagano. Dopo la visione passeranno minuti di silenzio per riprendere possesso della realtà...Un grandissimo artista che ha dipinto un film memorabile.
                                                             

Riflessi sulla pelle (P.Ridley, 1990)




...Non fatevi ingannare dai dorati campi di grano, dal sole accecante e dalle tante croci....questo è l'inferno. Un oceano di malvagità in tempesta, è l'Ade..l'Acheronte. Il male scorre tra le polverose strade di campagna su una Cadillac nera e traghetta le anime...Film che le schede definiscono drammatico ma credetemi...è un horror. La recitazione (non tutti gli attori sono all'altezza ma la gran parte si), i dialoghi e l'assordante cupa musica...l'algida vedova tra i suoi scheletri di grandi balene..un vampiro, crede il piccolo Seth (il protagonista). Pezzo di gran cinema il piano sequenza del suicidio del padre del piccolo...espiazione e suicidio. Preparatevi ad una tristezza infinita, lascia un amaro senza soluzione e un'angoscia pesantissima...ma è un film notevole. Il regista vuole odori e tatto più che la vista...vuole che il ricordo del film rimanga ben presente, e riesce perfettamente. Inferno sono anche i test atomici USA nel Pacifico che contaminano il fratello di Seth...anche questo "uccide i nostri bambini"..come grida la madre di uno di questi. I bambini angeli/vittime di un mondo non più per loro...Finale straziane, forse troppo inutilmente teatrale ma che non rovina il film.


Lèolo (J.C Lauzon, 1992)


...poesia, poesia come può esserlo Bukowski. Puzzo di vita, atti osceni...e amore. Il piccolo Lèolo usa la fantasia per vivere una favola...abitata da creature paradossali e stereotipi eccessivi di comuni atteggiamenti umani. Si innamora di Bianca, la venera, la spia...come Noodles spiava Deborah in un film ben più famoso. Vuole, cerca e trova passioni in un'arida periferia...arriva ad ipotizzare d'esser figlio di un contadino siciliano che per incredibile vicenda inseminerà sua madre...(non vi tolgo il piacere di scoprire come). Il film contiene scene bizzare e, diciamo cosi, stravaganti...ma mai volgari, aiutano a creare atmosfere tipiche del sogno e del fantasticare. Contiene attacchi anticlericali e sputa sulla banalità di una borghesia realmente ridicola. Lèolo è tra i personaggi che ricorderemo con più affetto..Lauzon hacreato uno di quei lungometraggi che non se ne sente il bisogno fin quando non capita di averlo visto...e poi non si scordano più.





Haze (S.Tsukamoto, 2005)

...un labirinto di cemento, tubature e pericolo. Un uomo si ritrova stretto e prigioniero senza sapere prigioniero di chi e perchè. Deve liberarsi...deve strisciare, graffiare muri con le unghie...un condotto per l'aria, una via di fuga. Claustrofobico muto film di Shinya Tsukamoto, attore e regista...che ritorna ad usare le location metropolitane per inoculare terrore e riflessione. L'uomo animale che lotta...che supera paure e incredibili visioni...che salva un altro essere nelle sue stesse condizioni, quasi sentendo quell'ultimo gesto come unica ragione da dare alla sua vita, mai cosi inutile e senza futuro...Ci vuole stomaco abituato ai film del bravo regista giapponese per "godere" della visione...magari aver visto Tetsuo o Tokio Fist, nessun respiro è lasciato al caso, nessuna inquadratura sbagliata...Più che una storia è l'inferno del nostro tempo, da guardare negli occhi e da affrontare coraggiosamente.

L'occhio che uccide (M.Powell, 1960)

...Piccolo oggetto di culto...Uno di quei film che, non perfetti, con molte ingenuità e debolezze nella trama, vengono citati ( a volte plagiati) tanto quanto capolavori ben più famosi. Un videoamatore (Mark) vive chiuso nella sua camera/laboratorio, dove sviluppa e visiona le riprese che maniacalmente fa ogni attimo, occasione e pretesto nella sua esistenza. Ha una mania, i volti...i volti che trasudano terrore, la maschera della paura genuina e vera...non una recitazione per la sua cinepresa, vuole la realtà. Escogita uno stratagemma, come usava fare con lui il padre biologo, uno stratagemma a dir poco bizzarro...uccide. Uccide e riprende le sue vittime nell'attimo esatto in cui la sua "arma" le trafigge. Questa diventa la sua realtà, questo i suoi occhi vogliono vedere...studiare, non una vita che scorre (come ogni ripresa amatoriale vorrebbe) ma una vita che finisce. Lui, dicevo, è stato vittima di suo padre, che usandolo da bambino come cavia per i suoi esperimenti sulla paura, finirà per distruggerne la personalità. Un opera che non regge dal punto di vista puramente tecnico...ma l'idea di fondo è di quelle fantastiche, che non può non colpire i malati cinefili...che divorano celluloide. Quelli che, senza sfociare nella scopofilia del film (nome assurdo, ma tant'è) molestano amici e parenti citando mitragliate di frasi di film e diluiscono la realtà con l'ultimo appena visto.

La ragazza che sapeva troppo (M.Bava, 1963)

...Bava confeziona senza badare a critica e critici un film hitchcockiano, thriller e ironia. Senza volontà di misurarsi veramente con il baronetto, ma quasi omaggiandolo sul filo della parodia e della dissacrazione. Mostra palesemente i trucchi e gli stereotipi del thriller d'oltremanica...amplificandone le ovvietà (un telefono senza linea durante un temporale, un gatto che spaventa la bella protagonista e porte sinistramente chiuse) Ambientato tra le piazze, i palazzi e le scale di Roma, il regista ne coglie tutta la bellezza eterna e riesce a renderla pari alla Londra fumosa come da copione. Tutto, di tutto accade alla protagonista, ragazza americana appassionata di libri gialli...ogni passo una vicenda, un omicidio..ma sarà realtà o tutto frutto della sua fantasia? Atmosfere tanto belle e ben fotografate da risultare quasi troppo di maniera..ma restano una grande firma del genio Bava...(fate caso alla breve sequenza dove una semplice pozzanghera diventa una magnifica ripresa per mostrare l'alba che arriva). Film imperdibile per chi ama Roma e le sue bellezze..o magari ci vive. Riprese che hanno il sapore dei Lang e del suo "M"...Bava si mostra degno dei grandi e tanto sottovalutato da far gridare vendetta. Unico neo è la recitazione mediocre (forse anche questo parte del gioco)...attori poco credibili e che tendono al clichè e non credono abbastanza al film che interpretano..e questo si avverte. E' l'epoca della Cinecittà gloriosa, delle maestranze capaci, di quei primi anni dei '60...J.Saxon prende il caffè ogni mattina a Via veneto e quella Roma non era solo dei De Sica e compagni, ma anche del grande Bava.

Thirst (P. Chan-Wook, 2009)


...delusione e insuccesso. Questo è quanto si rischia con nuovi film dopo aver partorito pezzi d'arte come Old Boy. Iniziamo male, la storia è strana e mostrata con pochi indizi tanto da pensare all'abbandono immediato della visione...perchè un prete dovrebbe aver voglia di immolarsi per il bene altrui tanto da offrirsi volontario per esperimenti quasi clandestini in un monastero africano all'avanguardia nel mondo??...La storia non regge, per i primi minuti del film e accanendosi a cercare a tutti i costi un perchè evidente...più che (come sempre si dovrebbe) un significato nascosto dietro trama e personaggi...ma il film non ci deluderà. Forti, fortissime scene di malattia e, caso più unico che raro, dottori africani e assistenti africani che assistono caucasici e orientali...quasi una provocazione. Il nostro prete/martire guarirà, tornerà in Corea da santo...per i fedeli e da vampiro per tutti. Aspetto horror di un film che horror non è. Che spesso ricorre all'ironia per spiazzare (sangue conservato in casalinghi contenitori Tupperware e via dicendo..) Questo quindi il protagonista: prete, vampiro...sessualmente attratto da Tae-JU, bella e oppressa dalla famiglia d'adozione. Lui avverte il corpo di lei, il suo sangue...Una storia d'amore e passione, ma risparmiatemi i parallelismi e paragoni con vampirelli made in USA di moda..per carità..! La classe di Park Chan-Wook è infinita e, per chi ama il suo cinema, anche un film apparentemente sottotono (ma premiato a Cannes) rispetto ai suoi altissimi canoni, è e rimane un evento. Film difficile e dal finale eterno (ultimi minuti girati "perfetti") che sembra non arrivare mai e mai soddisfarci, richiami a opere tanto carneidiche da far desistere dal citarle..e cercarle. Tutto il film vive di una sessualità malata, carnale e cannibale che nel rapporto tra "alieni al mondo" genera bellezza. Personaggi che appagano se stessi e si autodistruggono...quanto Brando e la Schneider.



Pi Greco - Il teorema del delirio (D.Aronosfky, 1998)


...Bianco e nero, tecnico come una tavola pitagorica..opera prima di rara bellezza. Bellezza molto più legata alla fotografia, alla musica (perfetta) e all'interpretazione...che alla trama, a tratti banale. Per appassionati matematici e anche per chi ha solo vaghi ricordi di liceo non è nulla di complesso..e spirali, nautilus e Fibonacci ne abbiam visti da sempre. Max, genio malato, vede e calcola il mondo dal chiuso della sua stanza..colma di processori e del suo delirio. Deve respingere gli attacchi di, per dirla come il Vate, materialisti con il chiodo fisso del denaro e di preti che cercano dio nell'infinito...di un numero. Aronosfky usa la camera a spalla come per 30 vorticosi secondi di uno spot pubblicitario...Altera e tronca il ritmo respiratorio e ci regala un'esperienza...non un film eccelso ma quella sana stretta allo stomaco che non si dimentica. E il caos, buon per noi, governerà il mondo...


Gemini (S.Tsukamoto, 1999)

...L'ormai celebre creatore di Tetsuo usa ancora la MDP con quella frenesia e irrequietezza che lo contraddistinguono, ma qui alterna a questo "calme" statuarie e lentezze atemporali. Un film vive di una storia, di un racconto...certamente, ma per Tsukamoto un film racconta con le immagini, visioni chiare o complesse, mai banali...Ci racconta di due gemelli, separati per il rifiuto dei genitori di allevare uno dei due, "marchiato" da una orrenda voglia a forma di serpente...chiaro segno di sventura e, ancor peggio, evidente dissonanza dalla ricerca della perfezione...una vera religione per un giapponese. Lo scontro dei due vedrà la presenza di una donna, i capelli/serpenti di lei percorrono i frame del film, scandendolo e segnandolo con le loro forme e lunghezza. Cresciuta come il fratello respinto nei bassifondi maleodoranti della città (siamo presumibilmente nei primi anni del '900). Compagni e complici i due vivono di ruberie e passione animale...poi di vendetta per lui e attrazione per lei per la scoperta del gemello vissuto nell'agiatezza...con un finale non scontato e ben riuscito. Particolare attenzione la si deve ai costumi, ricercatissimi sia nel caso che servano a rappresentare la ricchezza e la tradizione di una classe benestante che in particolar modo nell'esplosione di colori, stracci e stranezze dei bassifondi, suggestiva "corte dei miracoli" in salsa Jap..Qui Tsukamoto incastona una sua personale visione della societa e della lotta di classe (non è un film politico ma il concetto è presente). Vede combattivi e furiosi miserabili come dei lupi famelici, questi attentano l'esistenza e l'estetica impeccabile della classe dirigente, ma non riescono o non vogliono sconfiggerla...Il loro intento vero è prendere posto e sembianze dei padroni stessi e di opprimere e creare altri poveri. Cinico, anzi..nichilista. La volontà del regista di colpirci con immagini perfette, definite e simmetriche è evidentissima..quasi sovrabbondante. Vuole dimostrare il suo estro senza alcuna modestia...si spinge ai confini dell'umiliare chi si fregia del titolo di "regista" con troppa facilità, avendo solo diretto delle semplici sequenze temporali da videoamatore della domenica...o poco di più. L'arte a volte è dei vanitosi...e quando si hanno le doti per poterselo permettere...si eccelle su tutti. Questo è Tsukamoto..l'esagerato.

Mad Love/Amore Folle (K. Freund, 1935)

...Esistono film che hanno buona parte del motivo della loro esistenza nell'attore protagonista. Esistono attori che indossano alla perfezione le maschere delle nostre paure, gioie e meschinità. Quando attori cosi, Peter Lorre di lui parliamo, possono poi contare su una storia ben costruita, ben dosata e confezionata per loro, godremo di un risultato notevole. Amore folle è esattamente questo...vicenda morbosa, di uomini schiavi di istinti e bisognosi di possedere. Di avere per se l'oggetto del desiderio. Il film è decorato con una bellissima fotografia piena di rimandi espressionisti, con neri intensi ed ombre attrici a fianco di Lorre. Indimenticabile il travestimento del dottor Gogol, quasi un esoscheletro moderno...immagine eterna di un film poco noto. Evitate di fissare lo sguardo di Lorre...intimidisce.

La donna del ritratto (F.Lang,1944)

...Ancora le luci e le ombre dei suoi immortali film....Lang non abbandona quelle atmosfere e gira un Noir tanto bello da diventare paragone per tutti. Storia avvincente di un criminologo "rapito" da un ritratto e alienato dal suo lavoro...Dimostrazione di quanto il male corra sempre vicino anche ai più santi tra gli uomini. Si giustificano omicidi e inganni per salvare se stessi...questo è l'uomo. Notevole interpretazione di E.G.Robinson, che ha dipinta sul volto la paura e l'angoscia, affoga in un vortice di paure e incoerenza...spinto da una donna e da un istinto di sopravvivenza che annulla il concetto di buono e cattivo, ma rende l'uomo solo con se stesso animale...preda o predatore.