venerdì 1 novembre 2013

Nomads (J.McTiernan,1986)

Gli esordi, per attori e registi, spesso nascondono la vera natura, il vero talento e certamente la grande passione di questi nel cimentarsi con i primi, sempre delicati, passi nel rilucente mondo della settima arte. Nomads è questo per John McTiernam (il regista) e praticamente (escludendo le serie tv) lo è anche per il bel Pierce Brosnan. McTiernam dirigerà poi Die Hard e Ottobre Rosso, successi…ma la vena dello sperimentatore, il voler dimostrare a colleghi e mondo la sua bravura avrà già lasciato il posto alle regole dei più “educati e corretti” blockbuster. Questa “opera prima” è invece di una eleganza rara e tanto piena di naturale maturità che è capace di ritagliarsi, nel panorama dei tanti horror made in USA anni ’80, un posto di sicuro valore…avrà poca diffusione, come succede spesso ai bei film di genere, ma non l’oblio a cui sono destinate, dopo il clamore iniziale, le grandi produzioni solo “chiacchiere e dollaroni”. Nomads si lascia scoprire un po’ alla volta, un po’ alla volta veniamo a capo del mistero che circonda la morte, durante un urgente ricovero in ospedale, di un antropologo famoso (Brosnan) ridotto come un vagabondo e che, in francese, sussurra qualcosa all’affascinante dottoressa che lo ha in cura (Lesley-Anne Down), mordendole a sangue un orecchio prima di morire…una frase sconosciuta, un “contatto” che avrà conseguenze spaventose. Numerosi flashback e una intrigante musica di sottofondo (dello “Stalloniano” Bill Conti) rendono il susseguirsi delle vicende quasi un’esperienza soffocante e a tratti vagamente allucinogena. L’essere riuscito a creare quest’atmosfera è il merito più grande del regista (anche sceneggiatore) e dei protagonisti, credibili e bravi senza alcun dubbio. Tanti piccoli criptici episodi ci traghettano verso la soluzioni dell’arcano e lo fanno con la stessa lentezza della PBR sulle acque del Nung che porta Willard da Kurtz..la stessa perfetta costruzione della tensione. Quel morso ricevuto porterà la nostra bella dottoressa a rivivere gli ultimi giorni di vita del suo strano paziente. A riviverli “fisicamente”, un transfert micidiale e debilitante…una trovata geniale, che avrà innumerevoli tentativi di scopiazzatura negli anni e nei film horror a venire. Il mistero è un gruppo di punk e il loro furgone nero, che si aggira minaccioso davanti la nuova casa del nostro antropologo e della sua moglie francese, un mistero che il curioso professore vuole capire e studiare. Li segue con la sua Fiat 131 (questo si che è un gran mistero! una fiat 131 scelta come macchina del bel protagonista americano?!..mah!?) e li fotografa…ma non può certo immaginare la vera natura di quei ragazzi, quanto poco di “umano” ci sia in loro e cosa finiranno per fargli. Non dormono, non vivono da nessuna parte..sono nomadi, come quelli fotografati nei sui tanti viaggi in africa o al polo, sono questo e ben altro, si..ma cosa? Come Alex e i suoi Drughi si aggirano per la città, borchie e pelle e violenza. Un horror metropolitano di gran fascino e che meriterebbe, oltre alla visione, molte più citazioni e fama nel panorama dei film di genere…poco sangue e tanta atmosfera.