martedì 23 ottobre 2012

La pecora nera (A.Celestini,2010)


Celestini regista. Il bravo Celestini scende dal palco e porta il suo teatro sul set di un film poetico/antipoetico. Pecca in ritmo e non trova sempre la migliore costruzione di una scena…non possiamo dire che abbia tecnica e occhio da cineasta maturo ma è maestro nello scovare il romantico nello squallore e nel bello, è lirico nel raccontare. Il suo Nicola, protagonista del film, è lo spioncino che useremo per guardare in una storia, una di quelle nascoste, che non hanno motivo di essere dette ma che corrono parallele a quelle di tutti, che vivono nonostante l'oblio, che hanno ore e giorni lunghi o brevissimi tanto quanto i nostri, ma silenziosi e monotoni. Nicola vive di particolari come se tutti quei singoli fondamentali momenti potessero marchiare a fuoco la sua esistenza. Una filastrocca, le uova della nonna, gli occhi della sua amata compagna di classe. Quella nonna che è il suo mondo di bambino, è tutte le nonne del mondo, hanno saggezza di vita e poche speranze…o forse non le hanno avute mai. La trama: Nicola vive con la nonna in una baracca di estrema periferia ed è nato in quei "meravigliosi" anni 60. Vivono di galline, uova e pochissimo altro. Passa i suoi giorni a sopravvivere alla scuola, a suo padre, ai suoi fratelli e ad entrare e uscire da un manicomio che custodisce come una bara sua madre alienata dal mondo. Respira manicomio e matti e suore e dottori e non i polverosi e festosi campetti di una parrocchia. Impara a scrutare lo sguardo vuoto di un "povero matto", come li chiama la suora/custode, e a capirne le meccaniche esigenze di affetto o il nulla e basta. Dovrà abbandonare la scuola e il suo futuro sarà quell'istituto, sarà la spesa con la suora e i ritmi scanditi dalle urla e dai passi di quelle figure lente, lungo il solito orizzonte di un corridoio. In quell'istituto diventerà grande…è un mondo fatto di maioliche celesti e termosifoni soffocanti. Nessuna pietà tra le righe del racconto di Celestini, niente nascosto niente evidenziato. Nessuna commozione strappata con l'inganno, solo la cattiveria e l'inadeguatezza del "fuori di là" e di grandi e bambini nei confronti di quei "santi" del manicomio…condominio di santi, martiri inconsapevoli. Mille vite, mille teste, più vere delle vere…vite mediocri, tanto quanto  le altre, quelle oltre le mura di quel manicomio, solo più oneste. Di pregio l'interpretazione di Tirabassi (personaggio con sorpresa) e Celestini, raro e unico cantastorie rimasto. Tanto da riflettere dopo la visione...