lunedì 22 ottobre 2012

Lorna (R.Meyer,1964)


Le Grindhouse erano particolari sale cinematografiche dove venivano proiettati film detti d'exploitation…Si tratta di pellicole che volevano attirare spettatori "affezionati" a particolari generi (western, biker, zombi…) e dando loro un prodotto strettamente legato a quei temi senza o quasi velleità di "opera d'arte". Tra questi vi stupirete che inizialmente furono annoverati Il selvaggio con Brando o L'ultima casa a sinistra di Craven, ora riconosciuti cult-movie, ma inizialmente snobbati come film per soli frequentatori di grinhouse. I "film di genere", come sarebbe più opportuno chiamarli, godono da qualche tempo di una inaspettata riscoperta. L'onnipresente e iperdichiarante Tarantino ha più e più volte affermato la sua "fede" per questi lavori…ne trae ispirazione (diciamo così).  Ovviamente tra questi sottogeneri non poteva mancare quello che si dedicherà ad uno degli istinti primari, di uomini in quanto tali e di spettatori, il "sexploitation". Come dice il nome parliamo di film che promettevano la visione di scene softcore, senza esplicite scene di sesso ma tanto quanto bastava ad "interessare" chi guardava. La nostrana commedia sexy all'italiana è abbastanza vicino a quanto descritto prima, ma in America ha trovato un regista di culto che è riuscito ad avvicinare le sue opere tanto quanto al Pierino di Vitali quanto ai film di Pasolini (per alcuni avrò bestemmiato, lo capisco). Parliamo di Russ Meyer, controverso cineasta statunitense che si dedicò a questo genere di film, farcendoli anche e sopratutto di pesanti critiche alla moralista e ipocrita società americana…senza dimenticare la leggerezza che doveva ai suoi lavori e ai suoi spettatori ma non facendo mai mancare, a volte esplicite a volte più sottotono, stilettate al sistema. Parleremo, ad esempio per tutti questi lavori, del suo "Lorna". Film che aveva dato una svolta a quei suoi primi lavori solo divertimento e grandi seni, da questo in poi anche la violenza entrerà a far parte dei suoi film. Lo ambientata in quel sud degli stati uniti che nei primi sessanta puzzava ancora di razzismo e di un ridicolo machismo. La trama: Lorna, una bella e prorompente (i grandi seni furono quasi una firma nei film di Meyer) ragazza di campagna è sposata con Jim, lo ama e viene amata moltissimo ma il suo corpo vuole attenzione e Jim di questo non è capace. Un evaso incontra Lorna nel bosco e dopo aver abusato di lei invece di essere denunciato verrà portato dalla donna nella sua casa sul fiume, quel giorno Jim tornerà prima da lavoro e…..Come leggete la trama è quanto di più banale e già visto possa esistere, ma la bravura (per alcuni è questo) di Meyer sta nell'inoculare quei fotogrammi anche di un fortissimo realismo. La violenza sulla donna, la violenza vigliacca dell'uomo e quel perbenismo accusatore che imbriglia i corpi come le idee sono, per chi vuole vederli, evidentissimi e ben sviluppati. Il predicatore che introduce il film, i due balordi colleghi di Jim che vivono la loro vita mediocre usando la violenza non avendo altri argomenti, sono perfetti e veri stereotipi di quella gretta e ignorante società che Meyer odia e accusa. Ovvio, i seni di Lorna (interpretata da quella Lorna Maitland pensiero fisso di ogni adolescente americano di allora) e il suo bagno nel fiume sono quanto ormai si ricorda del film, come potrebbe essere diversamente, e di questo Meyer è cosciente e lo usa come cavallo di troia per dirci anche quel che pensa del suo paese e dei suoi compatrioti. Osare un parallelismo con Il Decameron di Pasolini sembrerà azzardato ma non impossibile. Meyer non è PPP ma, lo dico, lo eguaglia nel modellare quei personaggi tanto pop e nulla deve invidiargli del realismo di Accattone o delle metaforiche scene di Salò, le 120 giornate di Sodoma.