venerdì 21 settembre 2012

Porcile (P.Pasolini, 1969)

...Due storie che corrono, che si rincorrono, danzano come nel teatro di Julian Beck e della Malina. Una piena di semplice silenzio, di pietre lunari e di poco altro...di un Etna nero, di  inquadrature infinite o strettissime. L'altra colma di dialoghi difficili, di perfette simmetrie, di parole da elaborare singolarmente. Due storie unite in un finale senza pietà, senza un minimo di speranza. L'uomo non sopravviverà a se stesso e verrà inevitabilmente "divorato". Uno di quei Pasolini che si scoprono tardi , che ci si deve obbligatoriamente sforzare di seguirne il complesso avanzare per la certezza di un dono che arriverà dopo l'ultimo fotogramma. Film figlio delle rabbie, della rabbia schietta, quella esposta nuda, libera...brutale, che distrugge per distruggere e tale fatalmente rimane, come nel primo episodio. O la rabbia dell'autore verso l'indifferenza del "palco reale" alla rappresentazione della vita vissuta dai "sudditi/figli". La rabbia verso le nuove generazioni di incapaci, di ignavi....troppo sterili per commettere minimi gesti di rivolta. Pasolini racconta per se, coccola le sue paure e le sue ossessioni...e a noi usare l'opera e riconoscerne la tragica attualità.