...50min
di attacchi alla povertà di rapporti umani nella società moderna...La
Parigi dei '20 bloccata in un sonno generale da un raggio di un
esperimento mal riuscito. Non verrà colpito da questo letargo il
guardiano della Torre Eiffel...che sceso "a terra" e appurato il fatto
d'esser solo in città (e al mondo), dopo l'iniziale sconforto,
approfitta dei "beni materiali" e delle
vite altrui. Questo lo divertirà per alcuni momenti ma ben presto dovrà
ricredersi...e cercherà il conforto di un rapporto umano perso, ma...Una
metafora feroce verso un mondo chino al progresso e che ha svenduto
solidarietà e compassione. Meravigliosa la Parigi dei primi 20anni del
secolo scorso, presa come in un'eterna cartolina...senza auto e passanti
chiassosi..vista dall'alto del suo monumento più famoso. Gioiello
presente interamente su youtube...Una dolcissima opera di Clair...
giovedì 23 agosto 2012
A snake of june (S.Tsukamoto, 2002)
...Un attore è anche corpo...carne e sangue.
Essere capaci di far recitare anche il respiro o il cenno di una mano è
bagaglio di pochi registi. Tsukamoto muove i suoi personaggi in ambienti
piovosi e che già da soli riescono a far sentire il bisogno di
chiudersi in casa...di non mostrarsi bagnati, dalla pioggia e dalle
nostre stesse particolari diversità. L'obiettivo
di una macchina fotografica diventa bisturi...taglia, indaga e
guarisce. Ormai il malessere ha avvolto l'esistenza e percorre la
società...suicidi, perversioni e manie sono la cartina di tornasole del
grado raggiunto...due individui, sembra dirci Tsukamoto, possono
incontrarsi ormai solo condividendo un dramma...la felicità è cosa non
più dell'uomo. Fotografia virata in blu, quello del gelido ghiaccio dei
rapporti...scaldati dalla passione fugace e da un eros latente, unica
individuale consolazione. Molto bello...Asuka Kurosawa ammalia.
mercoledì 22 agosto 2012
Zero in condotta (J.Vigo,1933)
...Uno di quei film dove ritrovi nello spirito del
regista un possibile compagno di conversazioni, per argomenti e
sensibilità. Cromosomi di questo film li troveremo in numerose opere
future, palese e banale è L'attimo fuggente...dove Keating fa il verso
ad Huguet col suo salire sulla cattedra. La storia racconta di una
giocosa (ma molto seria) rivolta di
ragazzi...pieni del loro innato spirito libertario, decisi a riprendersi
tutto...A punire chi vessa un compagno, a rendere ridicole ed evidenti
le malattie dell'adulto incoerente e inutilmente autoritario. Vigo non
teme le proprie idee, le palesa come meglio non potrebbe...le accompagna
con un sottofondo di risa di fanciulli, che rimane nelle orecchie
quanto la Cavalcata delle Valchirie per Coppola. Vigo è quello de
L'Atalante e di una perla come "A proposito di Nizza" (da vedere)...Vigo
è quello che aiuterà a scegliere il mestiere che da grandi arriveranno a
fare buona parte dei cineasti mondiali...(almeno quelli che hanno avuto
l'umiltà di vedere i suoi film, e non posare l'occhio sulla camera con
il solo pensiero al botteghino).
Kairo/Pulse (K.Kurosawa, 2001)
...Sicuramenmte un horror, ma azzarderei anche
una definizione alternativa...un horror-sociologico. Ci sono gli
elementi del classico film "de paura" jap e ad altissimi livelli ma
anche molto più che quelli. Il film è lento, non per errore ma per
scelta. Vuole rappresentare un naturale scorrere del tempo nelle
giornate di alcuni studenti/lavoratori, dove le vicende saranno sfilettate di terrore...e dico: TERRORE. L'aspetto sociologico è nel
voler rappresentare l'apparente totale connessione che abbiamo nell'era
di internet vista qui come maschera di una assoluta solitudine, non
risolta con la "rete" ma enormemente accentuata. Se avete problemi con
l'addormentarvi dopo un film "leggermente aspro" evitate questo...dopo
minuti di calma e quasi noia si vivono secondi, e pochi bastano, che
farebbero decidere di smetterla li, con questo e con gli horror in
generale. Dopo Ringu è il migliore del genere (credo io)...e Kurosawa è
bravo. Geniale filo conduttore la trovata delle "stanze misteriose"
chiuse sigillate con del nastro rosso...dei varchi da evitare ma anche per questo
inevitabili. Una storia di fantasmi, che
vivono con noi, che comunicano, che una volta mostratoci l'abisso e il
loro esserci ci portano via con loro...
L'Arca Russa (A.Sokurov, 2002)
...90min, un'unica lunghissima scena senza
interruzioni e salti temporali...tecnica difficile e rischiosa. Sokurov
non si spaventa certo per questo...crea la sfida, la affronta e porta a
fine un film unico e interessante. Dico interessante perchè non è un
capolavoro, questo no...ma certamente un documento/racconto sulla
grandezza della storia e dell'arte russa..ottimamente
pensato, quella degli Zar e prima della rivoluzione..con le sue tante
luci e tantissime ombre. Lo stratagemma usato è affidare il narrato ad
un personaggio che non appare mai e ad una guida d'eccezione che ci
porterà tra i saloni dell'Hermitage...mostrando ,
commentando e giudicando. Scene incredibilmente perfette (ultime
sequenze del ballo da antologia..) considerando la tecnica usata,
un'ennesima prova della bravura di Sokurov...che non si acconteterebbe
neanche di essere paragonato a se stesso. Adorabile megalomane....
Il mangiaguardie/Themroc (C.Faraldo, 1972)
...Volete la rivolta, l'animale affamato di
caos...quello che sovverte?..Questo è il film. Film senza dialoghi, solo
grugniti, (e intendo senza una parola in nessuna lingua, un muto rumoroso) come i primati in Odissea 2001..Scene, personaggi ed eccessi
fiondano lo spettatore in un mondo anarchico e diverso. Un muro non è
più confine sicuro ma un ostacolo da abbattere platealmente..Le auto inutili
orpelli..L'autorità un bersaglio da lunapark, gli uomini in divisa una
cena (da qui il titolo)...Themroc, una medicina contro l'inevitabile reflusso
biliare che il momento che viviamo ci procura. M. Piccoli è (come
sempre) già da solo un motivo per amare il cinema.
martedì 21 agosto 2012
L'isola (K.Ki-Duk,2000)
...Come quando le prime luci dell'alba
rischiarano le colline o il mare...appaiono cosi i primi "fotogrammi
d'arte", non banale pellicola quella che Kim Ki-Duk ci regala. Gocce di
colore pastello incastonati in scenari di brume e acqua. Una donna
silenziosa che vende ami, esche e se stessa. Vende ad insensibili uomini
grassi e arroganti, che comprano non sapendo conquistare, che gettano via non sapendo apprezzare. Lui, fuggiasco e debole...vuole
morire, non ha più nulla per cui vivere, se non gli occhi appena
incontrati di quella donna sulla riva di quel lago. La passione è
violenza e possesso, nessuno deve entrare tra i loro sguardi...vuoi
vedere quanto male mi dai?...Ecco!.Guarda!...Ami
che lacerano la pelle, che rendono eterno un dolore, quasi una
preghiera..un rito pagano. Dopo la visione passeranno minuti di silenzio
per riprendere possesso della realtà...Un grandissimo artista che ha
dipinto un film memorabile.
Riflessi sulla pelle (P.Ridley, 1990)
...Non fatevi ingannare dai dorati campi di grano, dal sole accecante e dalle tante croci....questo è l'inferno. Un oceano di malvagità in tempesta, è l'Ade..l'Acheronte. Il male scorre tra le polverose strade di campagna su una Cadillac nera e traghetta le anime...Film che le schede definiscono drammatico ma credetemi...è un horror. La recitazione (non tutti gli attori sono all'altezza ma la gran parte si), i dialoghi e l'assordante cupa musica...l'algida vedova tra i suoi scheletri di grandi balene..un vampiro, crede il piccolo Seth (il protagonista). Pezzo di gran cinema il piano sequenza del suicidio del padre del piccolo...espiazione e suicidio. Preparatevi ad una tristezza infinita, lascia un amaro senza soluzione e un'angoscia pesantissima...ma è un film notevole. Il regista vuole odori e tatto più che la vista...vuole che il ricordo del film rimanga ben presente, e riesce perfettamente. Inferno sono anche i test atomici USA nel Pacifico che contaminano il fratello di Seth...anche questo "uccide i nostri bambini"..come grida la madre di uno di questi. I bambini angeli/vittime di un mondo non più per loro...Finale straziane, forse troppo inutilmente teatrale ma che non rovina il film.
Lèolo (J.C Lauzon, 1992)
...poesia,
poesia come può esserlo Bukowski. Puzzo di vita, atti osceni...e amore.
Il piccolo Lèolo usa la fantasia per vivere una favola...abitata da
creature paradossali e stereotipi eccessivi di comuni atteggiamenti
umani. Si innamora di Bianca, la venera, la spia...come Noodles spiava
Deborah in un film ben più famoso. Vuole, cerca e trova passioni in
un'arida periferia...arriva ad ipotizzare
d'esser figlio di un contadino siciliano che per incredibile vicenda
inseminerà sua madre...(non vi tolgo il piacere di scoprire come). Il
film contiene scene bizzare e, diciamo cosi, stravaganti...ma mai
volgari, aiutano a creare atmosfere tipiche del sogno e del
fantasticare. Contiene attacchi anticlericali e sputa sulla banalità di
una borghesia realmente ridicola. Lèolo è tra i personaggi che
ricorderemo con più affetto..Lauzon hacreato uno di quei
lungometraggi che non se ne sente il bisogno fin quando non capita di
averlo visto...e poi non si scordano più.
Haze (S.Tsukamoto, 2005)
...un labirinto di cemento, tubature e
pericolo. Un uomo si ritrova stretto e prigioniero senza sapere
prigioniero di chi e perchè. Deve liberarsi...deve strisciare, graffiare
muri con le unghie...un condotto per l'aria, una via di fuga.
Claustrofobico muto film di Shinya Tsukamoto, attore e regista...che
ritorna ad usare le location metropolitane per inoculare terrore e riflessione.
L'uomo animale che lotta...che supera paure e incredibili visioni...che
salva un altro essere nelle sue stesse condizioni, quasi sentendo
quell'ultimo gesto come unica ragione da dare alla sua vita, mai cosi
inutile e senza futuro...Ci vuole stomaco abituato ai film del bravo
regista giapponese per "godere" della visione...magari aver visto Tetsuo
o Tokio Fist, nessun respiro è lasciato al caso, nessuna inquadratura
sbagliata...Più che una storia è l'inferno del nostro tempo, da guardare
negli occhi e da affrontare coraggiosamente.
L'occhio che uccide (M.Powell, 1960)
...Piccolo oggetto di culto...Uno di quei film
che, non perfetti, con molte ingenuità e debolezze nella trama, vengono
citati ( a volte plagiati) tanto quanto capolavori ben più famosi. Un
videoamatore (Mark) vive chiuso nella sua camera/laboratorio, dove
sviluppa e visiona le riprese che maniacalmente fa ogni attimo,
occasione e pretesto nella sua esistenza. Ha una mania, i volti...i volti che trasudano terrore, la maschera della
paura genuina e vera...non una recitazione per la sua cinepresa, vuole
la realtà. Escogita uno stratagemma, come usava fare con lui il padre
biologo, uno stratagemma a dir poco bizzarro...uccide. Uccide e riprende
le sue vittime nell'attimo esatto in cui la sua "arma" le trafigge.
Questa diventa la sua realtà, questo i suoi occhi vogliono
vedere...studiare, non una vita che scorre (come ogni ripresa amatoriale
vorrebbe) ma una vita che finisce. Lui, dicevo, è stato vittima di suo
padre, che usandolo da bambino come cavia per i suoi esperimenti sulla
paura, finirà per distruggerne la personalità. Un opera che non regge
dal punto di vista puramente tecnico...ma l'idea di fondo è di quelle
fantastiche, che non può non colpire i malati cinefili...che divorano
celluloide. Quelli che, senza sfociare nella scopofilia del film (nome
assurdo, ma tant'è) molestano amici e parenti citando mitragliate di
frasi di film e diluiscono la realtà con l'ultimo appena visto.
La ragazza che sapeva troppo (M.Bava, 1963)
...Bava confeziona senza badare a critica
e critici un film hitchcockiano, thriller e ironia. Senza volontà di
misurarsi veramente con il baronetto, ma quasi omaggiandolo sul filo
della parodia e della dissacrazione. Mostra palesemente i trucchi e gli
stereotipi del thriller d'oltremanica...amplifican done le ovvietà (un telefono senza linea durante un temporale,
un gatto che spaventa la bella protagonista e porte sinistramente
chiuse) Ambientato tra le piazze, i palazzi e le scale di Roma, il
regista ne coglie tutta la bellezza eterna e riesce a renderla pari alla Londra fumosa come da copione. Tutto, di tutto accade alla
protagonista, ragazza americana appassionata di libri gialli...ogni
passo una vicenda, un omicidio..ma sarà realtà o tutto frutto della sua
fantasia? Atmosfere tanto belle e ben fotografate da risultare quasi
troppo di maniera..ma restano una grande firma del genio Bava...(fate
caso alla breve sequenza dove una semplice pozzanghera diventa una
magnifica ripresa per mostrare l'alba che arriva). Film imperdibile per
chi ama Roma e le sue bellezze..o magari ci vive. Riprese che hanno il
sapore dei Lang e del suo "M"...Bava si mostra degno dei grandi e tanto
sottovalutato da far gridare vendetta. Unico neo è la recitazione
mediocre (forse anche questo parte del gioco)...attori poco credibili e
che tendono al clichè e non credono abbastanza al film che
interpretano..e questo si avverte. E' l'epoca della Cinecittà gloriosa,
delle maestranze capaci, di quei primi anni dei '60...J.Saxon prende il
caffè ogni mattina a Via veneto e quella Roma non era solo dei De Sica e
compagni, ma anche del grande Bava.
Thirst (P. Chan-Wook, 2009)
...delusione
e insuccesso. Questo è quanto si rischia con nuovi film dopo aver
partorito pezzi d'arte come Old Boy. Iniziamo male, la storia è strana e
mostrata con pochi indizi tanto da pensare all'abbandono immediato
della visione...perchè un prete dovrebbe aver voglia di immolarsi per il
bene altrui tanto da offrirsi volontario
per esperimenti quasi clandestini in un monastero africano
all'avanguardia nel mondo??...La storia non regge, per i primi minuti
del film e accanendosi a cercare a tutti i costi un perchè
evidente...più che (come sempre si dovrebbe) un significato nascosto
dietro trama e personaggi...ma il film non ci deluderà. Forti,
fortissime scene di malattia e, caso più unico che raro, dottori
africani e assistenti africani che assistono caucasici e
orientali...quasi una provocazione. Il nostro prete/martire guarirà,
tornerà in Corea da santo...per i fedeli e da vampiro per tutti. Aspetto
horror di un film che horror non è. Che spesso ricorre all'ironia per
spiazzare (sangue conservato in casalinghi contenitori Tupperware e via
dicendo..) Questo quindi il protagonista: prete, vampiro...sessualmente
attratto da Tae-JU, bella e oppressa dalla famiglia d'adozione. Lui
avverte il corpo di lei, il suo sangue...Una storia d'amore e passione,
ma risparmiatemi i parallelismi e paragoni con vampirelli made in USA di
moda..per carità..! La classe di Park Chan-Wook è infinita e, per chi
ama il suo cinema, anche un film apparentemente sottotono (ma premiato a
Cannes) rispetto ai suoi altissimi canoni, è e rimane un evento. Film
difficile e dal finale eterno (ultimi minuti girati "perfetti") che
sembra non arrivare mai e mai soddisfarci, richiami a opere tanto
carneidiche da far desistere dal citarle..e cercarle. Tutto il film vive
di una sessualità malata, carnale e cannibale che nel rapporto tra
"alieni al mondo" genera bellezza. Personaggi che appagano se stessi e
si autodistruggono...quanto Brando e la Schneider.
Pi Greco - Il teorema del delirio (D.Aronosfky, 1998)
...Bianco
e nero, tecnico come una tavola pitagorica..opera prima di rara
bellezza. Bellezza molto più legata alla fotografia, alla musica
(perfetta) e all'interpretazione...che alla trama, a tratti banale. Per
appassionati matematici e anche per chi ha solo vaghi ricordi di liceo
non è nulla di complesso..e spirali, nautilus e Fibonacci ne abbiam
visti da sempre. Max, genio malato, vede e calcola il mondo dal chiuso
della sua stanza..colma di processori e del suo delirio. Deve respingere
gli attacchi di, per dirla come il Vate, materialisti con il chiodo
fisso del denaro e di preti che cercano dio nell'infinito...di un
numero. Aronosfky usa la camera a spalla come per 30 vorticosi secondi
di uno spot pubblicitario...Altera e tronca il ritmo respiratorio e ci
regala un'esperienza...non un film eccelso ma quella sana stretta allo
stomaco che non si dimentica. E il caos, buon per noi, governerà il
mondo...
Gemini (S.Tsukamoto, 1999)
...L'ormai
celebre creatore di Tetsuo usa ancora la MDP con quella frenesia e
irrequietezza che lo contraddistinguono, ma qui alterna a questo "calme"
statuarie e lentezze atemporali. Un film vive di una
storia, di un racconto...certamente, ma per Tsukamoto un film racconta
con le immagini, visioni chiare o complesse, mai banali...Ci racconta di
due gemelli, separati per il rifiuto dei genitori di allevare uno dei
due, "marchiato" da una orrenda voglia a forma di serpente...chiaro
segno di sventura e, ancor peggio, evidente dissonanza dalla ricerca
della perfezione...una vera religione per un giapponese. Lo scontro dei
due vedrà la presenza di una donna, i capelli/serpenti di lei percorrono
i frame del film, scandendolo e segnandolo con le loro forme e
lunghezza. Cresciuta come il fratello respinto nei bassifondi
maleodoranti della città (siamo presumibilmente nei primi anni del
'900). Compagni e complici i due vivono di ruberie e passione
animale...poi di vendetta per lui e attrazione per lei per la scoperta
del gemello vissuto nell'agiatezza...con un finale non scontato e ben
riuscito. Particolare attenzione la si deve ai costumi, ricercatissimi
sia nel caso che servano a rappresentare la ricchezza e la tradizione di
una classe benestante che in particolar modo nell'esplosione di colori,
stracci e stranezze dei bassifondi, suggestiva "corte dei miracoli" in
salsa Jap..Qui Tsukamoto incastona una sua personale visione della
societa e della lotta di classe (non è un film politico ma il concetto è
presente). Vede combattivi e furiosi miserabili come dei lupi famelici,
questi attentano l'esistenza e l'estetica impeccabile della classe
dirigente, ma non riescono o non vogliono sconfiggerla...Il loro intento
vero è prendere posto e sembianze dei padroni stessi e di opprimere e
creare altri poveri. Cinico, anzi..nichilista. La volontà del regista di
colpirci con immagini perfette, definite e simmetriche è
evidentissima..quasi sovrabbondante. Vuole dimostrare il suo estro senza
alcuna modestia...si spinge ai confini dell'umiliare chi si fregia del
titolo di "regista" con troppa facilità, avendo solo diretto delle
semplici sequenze temporali da videoamatore della domenica...o poco di
più. L'arte a volte è dei vanitosi...e quando si hanno le doti per
poterselo permettere...si eccelle su tutti. Questo è
Tsukamoto..l'esagerato.
Mad Love/Amore Folle (K. Freund, 1935)
...Esistono film che hanno buona parte del
motivo della loro esistenza nell'attore protagonista. Esistono attori
che indossano alla perfezione le maschere delle nostre paure, gioie e
meschinità. Quando attori cosi, Peter Lorre di lui parliamo, possono poi
contare su una storia ben costruita, ben dosata e confezionata per
loro, godremo di un risultato notevole. Amore folle è esattamente questo...vicenda morbosa, di uomini schiavi di
istinti e bisognosi di possedere. Di avere per se l'oggetto del
desiderio. Il film è decorato con una bellissima fotografia piena di
rimandi espressionisti, con neri intensi ed ombre attrici a fianco di
Lorre. Indimenticabile il travestimento del dottor Gogol, quasi un
esoscheletro moderno...immagine eterna di un film poco noto. Evitate di
fissare lo sguardo di Lorre...intimidisce.
La donna del ritratto (F.Lang,1944)
...Ancora le luci e le ombre dei suoi immortali
film....Lang non abbandona quelle atmosfere e gira un Noir tanto bello
da diventare paragone per tutti. Storia avvincente di un criminologo
"rapito" da un ritratto e alienato dal suo lavoro...Dimostrazione di
quanto il male corra sempre vicino anche ai più santi tra gli uomini. Si
giustificano omicidi e inganni per salvare
se stessi...questo è l'uomo. Notevole interpretazione di E.G.Robinson,
che ha dipinta sul volto la paura e l'angoscia, affoga in un vortice di
paure e incoerenza...spinto da una donna e da un istinto di
sopravvivenza che annulla il concetto di buono e cattivo, ma rende
l'uomo solo con se stesso animale...preda o predatore.
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