Accade a volte che un film poco conosciuto, che un'opera relegata tra le numerosissime produzioni di film di genere, torni ad avere fama e riconoscimenti per una lungimirante rassegna o per un dichiarato plagio di un qualche giovane e preparato regista di grido. Gli onnivori e insaziabili cinefili conoscono bene questo film (Il mulino delle donne di pietra), lo citano e lo elogiano, lo inseriscono in quelle lunghissime e saccenti liste di film da vedere assolutamente (tutto da dimostrare è quanti di loro lo abbiano poi veramente visto) e via così…A rischio di cadere nello stesso errore, parliamo del film..ma cercando di sottolinearne le singolarità più che le ovvie etichette. Prima e importante è una sceneggiatura compatta e senza nessuna lentezza, senza la minima concessione alla tentazione di girare scene tappabuchi e dialoghi mediocri. Peccato, questo, di praticamente tutte le produzioni "di genere"…che vengono cucite addosso ad un'idea più o meno credibile e sperando di reggere con quella l'intera struttura del film. Si sorvola sulla recitazione, si eccede nel macabro gratuito e quindi spesso ridicolo e si propongono nomi famosi in cartellone per assicurarsi il "botteghino". Tutto questo non lo ritroviamo nel film di Ferroni. Prende spunto da famosi racconti brevi olandesi dell'800 e mette importanti e inamovibili paletti al genere horror nostrano e non solo. La trama: Uno studente e giornalista, per completare un suo lavoro su l'arte popolare olandese, dovrà trascorrere alcuni giorni in un vecchio mulino a vento che ormai da 100anni è stato trasformato dal bisnonno dell'attuale proprietario in un enorme carillon, con terrificanti riproduzioni di donne, principalmente famose assassine o famose vittime, tanto ben fatte che gli abitanti del luogo lo chiamano ormai "Il mulino delle donne di pietra". Il professor Wahl è il proprietario di questa bizzarria, e vive con sua figlia Elfie (Gabel), un sinistro dottore e una governante in quello stesso mulino. L'incontro tra Elfie e il giovane studente porterà alla luce l'abominevole operato di Wahl e quanto orrore alberga in quelle stanze. Giovani donne sono scomparse in quel paesino, senza lasciare traccia…e quel macabro carillon e gli strani abitanti di quella casa/mulino hanno un ruolo e tante colpe in tutto questo…Nel 1960, nel medesimo anno di questo film, Georges Franju girerà il suo capolavoro (Occhi senza volto) e non può sfuggire a nessuno quanto i due film sembrano copiarsi o, meglio ancora, darsi forza l'un l'altro…uniti da quelle stesse emozioni e piacevoli brividi che riescono a dare allo spettatore. Per quanto mi riguarda ritengo superiore il film di Ferroni, lo trovo superiore nella fotografia e nelle meravigliose location, claustrofobiche e assolutamente ben fatte. Superiore e innovatore in quei passaggi quasi psichedelici del racconto e che rimarranno per anni un campo inesplorato per altri registi, non per la difficoltà nel pensarli, ma per il rischio di non riuscire a rappresentarli a dovere…forse solo Schmoeller (chi è costui?) poté tanto. Motivo (secondario) per incuriosirsi per questo film è la presenza di un'attrice, Scilla Gabel, con una storia tanto particolare quanto unica. Una bellezza forte, tratti marcati e buone doti di recitazione, ma con un "difetto" che la segnò…una estrema, incredibile somiglianza con la Loren (della quale fu anche controfigura). Per distogliere il pubblico da questo cercò di cambiare spesso il suo personaggio, acconciatura e usò per foto e scene pruriginose il suo "curvilineo ed abbondante" corpo. Un utile richiamo per distrarre lo sguardo dal suo bel viso, e da quel suo imbarazzante doppio. Opinione personale è che la Gabel fosse anche più bella della Sofia nazionale, aveva buone doti d'attrice e una scuola di recitazione alle spalle…ma sposare un famoso produttore può ben più che studio e bravura. (Film completo nel link di seguito)