giovedì 27 dicembre 2012

Lo spettro (R.Freda,1963)


Come d'uso al tempo anche questo film di Freda presenta l'intero cast sotto la maschera di esotici pseudonimi, vezzo e volontà di togliere quella patina di provincialismo che poco giovava alla distribuzione, ma che ha anche avuto come effetto collaterale la poca circolazione, se non nei ristretti circoli di occhialuti cinefili, di nomi e di volti di bravi artigiani del cinema. Leggere dietro il nome d'arte è ora l'esercizio preferito di appassionati di questi film di genere, appassionati, quasi nella loro interezza, stranieri, che riconoscono a registi come Freda i cromosomi del cinema d'autore. Venendo al film…Ancora una volta il regista presenta quel suo quasi omaggio ad Hitchcock chiamando con il suo nome (barando su una sola lettera) uno dei personaggi principali del suo film. Possiamo immaginare che l'apprezzamento di Freda per il baronetto consistesse nel dare il dovuto peso alla bravura dello stesso nel costruire le sue immagini in movimento e le sue magistrali trame thriller. Lo spettro (il film in questione), sembra infatti quasi stare stretto nel suo vestito di "horror", vuole tendere ad un thriller d'oltremanica ma impreziosito dai colori e dai sapori del mediterraneo cinema nostrano, concependo un mix tutto particolare quanto ben riuscito. Non è il più bel film di Freda, non è il migliore per descrivere la sua sconfinata e incredibilmente variegata filmografia, ma ha il merito di presentare tutti quei canoni che, ad un occhio attento e allenato, fanno discernere il lavoro di Freda da quello di altri suoi colleghi/rivali dell'epoca (leggi Bava, Margheriti o, dopo ancora, Fulci). La trama: Il disabile Dottor Hichcock cura la sua parziale paralisi con una pericolosissima medicina di sua invenzione che prevede la somministrazione del curaro e del suo antidoto in dosi e tempi ben precisi. In questo lo aiuta un giovane medico, il dottor Livingstone. Margaret (Steele) è la bella moglie di Hichcock e ben presto sapremo anche innamorata di Livingstone. I due architettano l'omicidio dell'anziano e ricco marito…ma strani accadimenti scuoteranno le loro menti e la loro coscienza. Lo spettro dell'uomo sembra perseguitarli e volersi vendicare. Trama, quindi, senza eccessivi colpi di genio e particolari invenzioni, ma il vero valore del film risiede in quella strana atmosfera che nei film di Freda è marchio e bellezza. I colori strettamente gotici e uno stile nel girare che sembra usare lo slow-motion senza usarlo veramente…gli attori entrano ed escono di scena con ritmi e movenze da balletto classico. Come quasi la totalità dei film horror del ventennio 60/70, anche Lo spettro risente di quello che per un regista è il "problema" per eccellenza…la fretta del produttore. Sette, otto o dieci giorni per portare a termine lavori con sceneggiature complesse e con effetti speciali da inventare. Attori, tolti (forse) i protagonisti, con attitudine poco maggiore di una comparsa, da guidare e rendere credibili. Location da cercare e trovarobe in azione…riuscire ad organizzare tutto questo è già metà della bravura di un regista, e in questo Freda è maestro e non perde l'occasione di mostrarlo anche in quest'opera. Altra particolarità, qui non ben riuscita, di questo film è una musica che "copre eccessivamente" sempre e comunque ogni gesto e sguardo di ogni singolo attore. Mai assente, mai che lasci al silenzio sottolineare quel che solo l'assenza di musica e parole può sottolineare. E' ora sottofondo ora frastuono, un carillon nostalgico o una sferzata di violino a marcare pedissequamente lo sgranarsi degli occhi della Steele…che  qui appare leggermente stanca e poco convinta del suo personaggio. In sintesi, il film è un buon esercizio di scuola per imparare a fare il palato a quel particolare genere di lavori che mostrarono al mondo il genio dei cineasti italiani, che ebbero nei cosiddetti B-movie uno dei migliori e invidiati segni distintivi.