Colori carichi, saturati ad arte e pop quanto un quadro di Roy Linchtenstein. Forse neanche di un vero film dovremo parlare, forse Bava non voleva girare un lungometraggio nel senso canonico del termine, ma certamente ha voluto e ha dato sfoggio della sua bravura. La trama è secondaria e superflua, ci perdiamo nell’estasiarci per quei frame tanto ben concepiti da risultare indifferenti a critiche e opinioni. Da Bava ci lasciamo convincere a giocare con lui, a scherzare con assassini e vittime e con lo stesso genere thriller/horror, o addirittura gli permettiamo un leggero dileggio quando ci spiazza con l’ironia e ci deride con le sue trovate così tanto “facilmente” geniali (vedrete cosa riesce a fare con biglie di vetro e una scala !!!). Ci presenta i protagonisti del suo film fermandoli come in un fumetto o un fotoromanzo, singoli fotogrammi bastano da soli a svelare un carattere, piccoli indizi che ci aiutano a comprendere. Nel film, l’amato regista sanremese, mette in scena una sequela di delitti che risultano essere quasi la scusa puerile per fare scuola di cinema. Inventa persino le inquadrature migliori (e poi tutti faranno come lui) per valorizzare il già notevole corpo della Fenech e tutto con tanta di quella ironia che gli perdoniamo anche il paradossale (che non manca) e quasi ci convince a pensare che il cinema, quando vuole solo essere la perfetta rappresentazione della realtà, arrivi ad essere quasi un inutile esercizio…uno sterile documentario, una copia, un volgare falso. Implacabile nel mettere alla berlina una borghesia cinica e arrogante…tanto quanto Bunuel. Avvincente quasi quanto le pagine della Christie e dei suoi “piccoli indiani” (è fin troppo evidente il richiamo al romanzo) e mai noioso, mai banale, mai meno di bello. Per molti è un film minore e secondario nella filmografia baviana, ma, anche ammettendo per assurdo l'esistenza di questi film secondari, l’errore vero è farne una classifica unica. Come paragonare il colore perfetto di questo lavoro al perfetto B/N dei primi film? Come non riconoscere in questo un degno appetizer di quel monumento allo slasher-movie (Reazione a catena) che, solo l’anno successivo, vedrà la luce sempre per mano del nostro Bava? Come non riconoscere tutti i suoi film come teste di serie di altrettanti gironi? Pietre di paragone impossibili da paragonare. Torniamo al film scrivendone la trama: Frick Hangel, inventore di una nuova resina sintetica, è invitato con la moglie su un’isola deserta, nella villa di un industriale interessato alla sua scoperta. Una catena di misteriosi omicidi sterminerà uno ad uno tutti gli ospiti di quella villa su quella piccola e deserta isola. Sconosciuto è il motivo e naturalmente sconosciuto è l’assassino fino alle ultime inquadrature. Nel cast, oltre la citata Fenech, Ira von Furstenberg, William Berger, Howard Ross e una giovanissima Ely Galleani. Anche la durata del film è perfetta, 80 "educati" minuti che non stancano e risultano giusti e più che adeguati per sviluppare tutto il “gioco baviano”…Bava vuol bene al suo pubblico. 5 bambole per la luna d’agosto è sublime, ammaliante, un film di raffinatissima fattura, contiene diverse scene da antologia (cadaveri incelofanati e penzolanti tra i quarti di bue nel frigo della villa con in sottofondo una musica da giostra di paese !!! ) una colonna sonora corretta e un finale umoristico e meravigliosamente baviano…davvero da non perdere. Una trama magari debole ma una vera gioia per gli occhi.
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