L’American International Pictures (AIP) è la gloriosa casa di produzione statunitense che, anche grazie ai lavori di Roger Corman tratti dai romanzi di Poe, riuscì a ritagliarsi il ruolo di concorrente dell’inglese Hammer in quei tanto prolifici anni ’60. Corman era il regista di punta e Daniel Haller il suo scenografo (Il pozzo e il pendolo è opera sua). Haller si cimentò anche dietro la macchina da presa e quando Corman litigò con la AIP ne prese (addirittura) il posto. Uno dei film in cui firmò da regista è La morte dall’occhio di cristallo (il titolo originale è ben più evocativo: Die, Monster, die!) Dopo aver praticamente esaurito la “vena aurea” che i racconti di Poe e la direzione di Corman rappresentarono per la AIP, si cercò (senza troppa fantasia) ispirazione nei lavori di quello che è considerato il successore dello stesso Poe. Parliamo di Howard Phillips Lovecraft e dei suoi racconti tanto cari agli appassionati di fantascienza. Uno di questi Il colore venuto dallo spazio è il soggetto del film di cui stiamo parlando. Una delle caratteristiche dello scrivere di Lovecraft è il saper dosare con perizia (ma certo nulla rispetto all’inarrivabile Poe) l’horror e l’onirico e l’aver creato atmosfere che precorreranno i tanti Sci-Fi di successo. L’esperienza da sceneggiatore di Haller gli permise di riportare quelle “sensazioni lovecraftiane” sulla pellicola e sicuramente è una delle cose che apprezzeremo di più durante la visione. Bella fotografia, colori saturi e discreti effetti riescono a catturare la nostra attenzione fino al termine della pellicola senza stancarci. Tutto questo niente potrebbe senza la presenza scenica di quello che è tra i più famosi interpreti dell’horror di sempre, si parla di quel Boris Karloff che fin dal suo Frankenstein del ’31 fu la miglior maschera, la più adatta, l’archetipo stesso dell’attore nei film "dell'orrore". Quando Karloff interpreterà il vecchio Nahum Witley ne La morte dall’occhi di cristallo è ormai il 1965 e la sua carriera è praticamente alla fine. La sua malattia lo costringe alla quasi immobilità e forse è questo il motivo per cui anche nel film il personaggio passa quasi la totalità del tempo su una sedia a rotelle. Ma a Karloff basta muovere una ruga, un sopracciglio e uno sguardo per fare un film. Tanta bravura è ancora più evidente quando è messa a confronto con l’imbarazzante recitazione di Nick Adams (sembra passare li per caso in ogni singola posa) e quasi ci distrae dallo spaventarci per il volto deforme della signora Witley o per le creature mutanti. Il film rimane solido e ben girato, con un buon ritmo e con quel “lo facciamo bello con poco” che distingue sempre le produzioni AIP. La trama: L’arrivo del giovane americano Steve Reinhart nella cittadina inglese di Arkham viene accolto con sospetto e diffidenza. Steve si trova lì perché chiamato da Susan Witley, discendente di un uomo che aveva nomea di essere uno stregone, e figlia del vecchio Nauhm (Boris Karloff), scontroso e solitario custode di un castello su cui sembra aleggiare la morte, Il giovane, nonostante la madre di Susan cerchi di dissuaderlo, si mette ad indagare e scopre che nel maniero è conservato il frammento di un meteorite le cui radiazioni provocano alterazioni genetiche sulle piante, sugli animali e … sugli uomini. Chi è vittima della misteriosa radioattività subisce una orrenda mutazione prima di conoscere, tra indescrivibili sofferenze, una morte per autoconsumazione. Questa è la sorte che tocca a coloro che si avventurano nel regno di Nauhm…
Questa pellicola di Daniel Haller è sempre stata bistrattata da pubblico e critica, secondo gli estimatori di Lovecraft la trasposizione cinematografica non era fedele al racconto originale, era troppo virata all'Horror (mentre "The Colour out of Space" aveva una forte componente fantascientifica) e non rendeva giustizia alle mutazioni così magistralmente descritte nella storia. A me invece è sempre piaciuto, ha alcune ottime trovate, come l'accelerare della velocità del pendolo dell'orologio per creare la suspense, che trovo veramente originali e poi è una delle ultime interpretazioni di Boris Karloff, costretto realmente sulla sedia a rotelle dall'artrite e dalla polmonite. Sinceramente credo sia molto difficile trasporre efficacemente sullo schermo i lavori dello scrittore di Providence e ritengo senza senso fare paragoni tra media così diversi, come libri, films e fumetti. Nel 1987 David Keith ha riportato di nuovo al Cinema il racconto con il mediocre "La fattoria maledetta" (The Curse), mentre l'amico e regista Ivan Zuccon ne ha dato la sua personale ed originale visione in "Colour from the Dark" (2008) :-)
RispondiEliminaCondivido completamente. Riportare pedissequamente il romanzo sulla pellicola è stupido e sterile. Al massimo usarlo come canovaccio per scrivere il soggetto, questo è possibile e auspicabile. L'interpretazione di Karloff è quasi l'intera ragione per vedere La morte dall'occhio di cristallo...malato ma attore iconico come pochi. Ho visto e non rivedrò certamente La fattoria maledetta, è un horror che non apprezzo per nulla, si punta sul disgustare lo spettatore e questo è ben lontano da quel che io intendo per "horror"...molto, molto lontano. Invece non conosco il film del tuo amico Zuccon...vedrò di cercarlo.
EliminaIvan Zuccon è un estimatore di H.P.Lovecraft, dai cui scritti ha già liberamente tratto 4 films. "Colour from the Dark" è ambientato in Italia, durante la seconda guerra mondiale e, nonostante il budget limitato a disposizione, vanta un cast internazionale, capitanato dalla brava Debbie Rochon ed una bellissima fotografia. Girato in lingua Inglese per una più facile distribuzione internazionale, lo dovresti trovare facilmente in digital download (in Italia, non ricordo bene dove, è disponibile con i sottotitoli in Italiano, io ho il DVD che mi ha dato Ivan). Penso che dovrebbe piacerti :-)
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