martedì 31 dicembre 2013

Funny Games (M.Haneke,1997)

La malvagità, pura e insensata malvagità. Film che guarda, dal basso, Arancia Meccanica e ne attualizza i contenuti. Che sevizia non solo gli sventurati protagonisti, ma anche lo stesso ambiente borghese e le sue artefatte regole. Due giovani si fanno accogliere con l’inganno nella casa di una tipica famiglia austriaca dell’alta borghesia. E’ la loro casa di vacanze sul lago e si preparano a passare li del tempo. Diventano prede da sacrificare alla brutalità dei due aguzzini…che con modi gentili e guanti bianchi rendono ancora più assurda e grottesca la vicenda. Non c’è spazio se non per il crescente orrore nelle gesta dei due maniaci, psicopatici e crudeli. Haneke butta via tutti i filtri morali e concede allo spettatore solo la “cortesia” di non inquadrare direttamente la violenza. La lascia immaginare e provare senza che un fotogramma si soffermi o viri verso lo splatter. Direte voi..dovrà anche esserci una spiegazione a tutto questo, dovrà esserci un motivo per tutta quella malvagità. Paul (uno dei due aguzzini) ne darà diversi, dirà di essere un drogato in cerca di denaro per comprare dosi, di essere un reietto dalla società o di aver avuto abusi da bambino…ma nulla di questo è vero, sono solo le risposte che vogliamo sentirci dare, sono spesso e solo i nomi che noi comunemente diamo al male e a quello che non vogliamo ammettere che questa nostra società “perfetta” riesce a partorire. Non contento di sconvolgerci con tanto “realismo” fa fare a Paul uno di quelle cose che raramente si vede fare in un film…lo fa rivolgere direttamente a noi, guardando in camera e imbastendo un dialogo a senso unico che a tratti ci intimorisce e imbarazza. Questo il regista vuole, scatenare una sommossa nell’anima di chi guarda, prendiamo le parti dei poveri Anna e Georg e del loro piccolo e non possiamo che partecipare empaticamente a quanto stiamo vedendo. Ovviamente la visione è sconsigliata a chi sa di non poter sopportare tanta violenza, e non è certo l’assenza di sangue a rendere tutto più accettabile…il film risulta meno “guardabile” di uno splatterone alla Fulci o di un pulp estremo, siete avvertiti. Il sottogenere del film thriller-horror in questione è conosciuto come “rape without revenge” che già da solo la dice tutta su quanto vedremo e quanto accadrà... (anche l’amato Bava ne diresse uno Cani arrabbiati del ’74, gran bel film..cercate gente, cercate) La tragicità del finale e la trovata del regista di far riavvolgere la pellicola (forse il primo esempio dell’uso di un effetto digitale sul finire dei ’90) e far rivivere allo spettatore quanto accaduto, ha il duplice compito di ricordarci che tutto quello è finzione e di smascherare il nostro rimorso nel sentirci ora sollevati da questo. Purtroppo, sembra affermare Haneke, c’è vita anche nel male che ci circonda, farne giornalmente i conti è doveroso e in un certo qual modo auspicabile. L’inconsapevolezza della spensierata felicità, nel recinto delle belle case e la cinica accettazione del voler tenere lontani dalle nostre “salve” vite il male, come se dovesse accadere sempre ad altri, è quanto di più sbagliato possa esserci. Paul, Peter o i Drughi di Alex sono l’immagine stessa del lato oscuro dell’uomo moderno, cinico, volgare e malvagio, ma mai così "umano".