Uno psicopatico serial-killer, mai così tanto inseguito dalla telecamera…fin dentro la sua piccolissima tana, colma di manichini femminili e feticci e trofei delle sue vittime. Un piccolo oggetto di culto, questo è Maniac, ancora impregnato di quelle psichedeliche nebbie anni '70 che rendevano ogni scena, riuscendovi più o meno bene, epica e allucinata. Angosciante e violento, sottrae ossigeno allo spettatore come un fuoco acceso in una stanza, anche al più smaliziato o allo stomaco più forte. Eccede nello splatter, non si nasconde dietro educate e rispettose dissolvenze…quanto si deve mostrare è mostrato e spesso oltrepassando la misura. Magnifica interpretazione di Joe Spinell, grande e grosso e viscido, credibile come assassino e tanto calato nella parte da aver scritto personalmente quasi l'intera sceneggiatura, per sentirla assolutamente sua. Guarda spesso dentro l'obbiettivo, incute timore e disgusto…una di quelle figure iconiche che faranno la fortuna dei sanguinolenti film americani a cavallo tra gli anni '80 e '90. Ma quest'assassino è umano, non è uno zombi, una creatura aliena…è frutto di quella parte del cervello umano che si nutre di violenza. Un predatore dal respiro pesante, un respiro che è il ritmo stesso e il tema musicale della sua caccia tra i grattacieli newyorkesi, in una città vista come nemica, un territorio dove fare razzia di donne e della loro offensiva bellezza e felicità. Tutto è girato come visto dagli occhi del killer, come fosse tutto spiato, alla ricerca del momento per colpire, per fare evidente la debolezza del mondo…indifeso e colpevole. Difficile non pensare al Travis Bickle di Scorsese, alla sua giacca militare, al suo vagare solitario. Difficile non riconoscere quelle disturbanti sensazioni nell'attesa di quel che sta per accadere…tratti tipici dello slasher-movie, tratti tanto scontati quanto difficili da ottenere. L'horror in generale e lo slasher nello specifico è uno di quei generi dove nessuna maestranze può barare, devi avere da tutti esperienza e professionalità o il film risulterà solo e soltanto ridicolo. In un "drammaticone" strappalacrime può la storia aiutare una pessima regia, da sola reggere e giustificarne la visione, in uno slascher non ci si nasconde…nulla funzionerebbe senza un bravo artigiano per l'effetto speciale, per la musica, nulla, tutto finirebbe in una risata. Una di queste figure è Tom Savini, leggendario collaboratore di Romero, che cura questo film come la sua fama richiede. Si ritaglia una particina e si lascia ammazzare da Frank Zito (il serial-killer del film) in uno dei modi più sconvolgenti possibili…un fucile a pompa che scarica il suo distruttivo potenziale sulla testa del nostro, provocandone la completa disintegrazione…vedere per credere. La trama: Frank Zito è un assassino psicopatico che toglie lo scalpo alle donne che uccide. Ha riempito il suo appartamento di manichini che orna con i trofei delle sue uccisioni. Dopo innumerevoli omicidi subirà lui stesso una fine cruenta e inattesa.