Lilian von Brabant (Karin Dor) e Roger Mont Elise (Lex Baker) invitati al castello del conte Frederic Regula (Christopher Lee) scoprono di essere discendenti di coloro che lo fecero giustiziare 35 anni prima. La condanna impedì al “vampiro” (si noti l’assonanza di Regula con Dracula) di nutrirsi del sangue della sua ultima vittima e ottenere così l’immortalità. I malcapitati, però, assistono alla resurrezione del conte che, dopo anni di oblio, cerca la vendetta e la vita eterna attraverso il sacrificio della tredicesima vergine…!
Nessuno può sottrarsi dall’avere un sussulto dopo quei primi minuti del film, dove una maschera, pesante e piena di chiodi, viene posta sul volto di un condannato a morte…che maledice i suoi accusatori prima di venire orrendamente giustiziato. Un sussulto non certo dovuto ad eccessi di sangue o ad effetti particolarmente sgradevoli ma all’evidente e certamente voluta somiglianza con uno dei nostri film-icona: La maschera del demonio. Da tanto parte questa discreta produzione tedesca che nelle intenzioni dei suoi finanziatori sarebbe dovuta essere la prima di una serie di horror teutonici, magari di un livello tale da battersela con americani e britannici. Le premesse, dobbiamo dirlo, c’erano tutte. Oltre i giusti omaggi al miglior horror, oltre la citazione-ossequio a Bava, anche l’aver basato sul racconto di Poe (Il pozzo e il pendolo) il film faceva ben sperare per il futuro e gli ottimi risultati sono effettivamente arrivati. Prima di ogni altra considerazione dobbiamo rendere il giusto omaggio a quella, che è quasi un bagaglio “naturale” dei tedeschi al cinema, straordinaria costruzione delle scene, a quell’atmosfera fantastica e onirica che è il vero carattere di questo bel film. Le nebbie, i colori saturi e le suggestioni fisiche che ci lascia, una per tutte, la scena della carrozza che attraversa il bosco prima del castello ha pochi altri rivali allo stesso livello. Sembra aver attualizzato quel che caratterizzò l’espressionismo tedesco tanti decenni prima, quel fascino palpabile che fu di Murnau e di Lang, di Wiene e di Leni. Fotogrammi eterni che non abbandonano gli occhi e i gusti di ogni serio appassionato.
La tredicesima vergine è dunque un film che merita visione e considerazione. Ben recitato da Lee e compagni e con una storia che non annoia, magari non ha mai particolari vette di tensione ma è giustamente confezionato e onestamente diretto. Le segrete del castello, colme di macchine da tortura e teschi incastonati nelle pareti hanno il loro motivo di esistere e nella media gli effetti usati. Una di quelle macchine medievali sarebbe anche stata utile per far sapere al compositore delle musiche, e a chi eventualmente le ha scelte, quanto brutte le consideriamo. Degne al massimo della sigla iniziale di Derrick o Rex, completamente distaccate dal girato per ritmo e atmosfera, e dire che qualcuno paragona Peter Thomas (l’autore) al nostro Morricone…assolutamente detestabili. Il film è rimasto colpevolmente sconosciuto per alcuni decenni e qualora aveste intenzione di acquistarlo è assolutamente consigliato il DVD della Sinister, nella collana Horror d’essay, dove tra gli extra, oltre ad interviste e backstage, troverete la seducente voce di Cheistopher Lee che vi leggerà, in lingua, uno stralcio de Il pozzo e il pendolo di Poe…affascinante è dire poco.