lunedì 17 febbraio 2014

Macabro (L.Bava,1980)

Esordio alla regia di Bava jr…figlio di cotanto padre. Ignorare questa “discendenza” e non usarla come filtro nel recensire il film è realmente impossibile, quindi la useremo. Lamberto assistette (se non addirittura sostituì) il padre Mario nel suo ultimo film (Schock,1977), un lungometraggio di cui aveva anche scritto il soggetto e Argento aveva già girato i sui film più importanti. Ora, presentarsi con questa sua opera prima al pubblico, solo due mesi prima della scomparsa del padre Mario, non deve essere stato facile per il poco più che trentenne Lamberto…ma il film (buon per lui) ha struttura e senso, non eccelle ma neanche si impantana in un decotto horrorino tutto “cliché e sangue”. La cosa migliore del film?..il finale. Il finale di Macabro è baviano, malato, fastidioso nel suo delirio…disturba tutti, palati delicati ed incalliti amanti del genere, e anche solo per quello sarà valsa la pena aver visto il film. Scritto dai fratelli Avati con una libertà di espressione e una accuratezza nel cesellare protagonista e comprimari da farci sospettare una qualche loro particolare “affezione” all’argomento (?!) La location è una New Orleans decadente di vizi e appiccicosa di segreti (per gli interni si è scelta una villa sul lago di Garda sapientemente americanizzata) che fa da giusto teatro alla follia della storia e della stessa protagonista. Jane Baker (Stegers) è una annoiata signora della borghesia cittadina che si permette lussi e amante senza darsene troppe colpe. Incontra, in una stanza presa in affitto, il suo giovane amante Fred. I due sono “scrutati” da un loro vicino di casa, un ragazzo non vedente che ha evidentemente “percepito” il fascino della signora Baker. Durante uno di questi incontri la figlia più grande della donna riesce a rintracciarla e ad avvertirla che l’altro suo figlio ha avuto una disgrazia. Nella corsa verso casa l’auto guidata da Fred ha un incidente, la donna rimane illesa ma l’uomo viene letteralmente decapitato da un gard-rail che ha sfondato il parabrezza dell’autovettura. Questo è un particolare chiave per lo svolgersi del film…capirete solo dopo aver visto, intuirlo ora è difficile davvero. La donna viene rinchiusa per un anno in una clinica psichiatrica e, una volta uscita, come prima cosa ritorna nell’appartamento dove si incontrava con Fred. L’accoglie il giovane Robert (il ragazzo non vedente) e nel girovagare in quella casa ormai vuota la vediamo particolarmente interessata al congelatore in cucina…da lei chiuso con un lucchetto e, con suo grande sollievo, mai aperto da nessuno durante la sua assenza (cosa questo contenga è oltre ogni immaginazione e non vi rovinerò ulteriormente il gusto di scoprirlo). Jane è la passione segreta del ragazzo, ma lei vive nel ricordo e nell’adorazione del suo defunto amante, ogni cosa appartenuta all’uomo la aiuta a vivere la sua, evidentemente non curata, follia. Ed è questa, la pazzia che ha inesorabilmente colpito la mente di Jane (insieme alla fastidiosa perfidia di sua figlia Lucy), a dare al film motivo per essere annoverato tra gli horror psicologici più classici. Viene rappresentata con un crescendo emozionale di notevole fattura che ci porterà a partecipare con un certo turbamento alle scene che seguiranno…il rapporto tra la donna (che non disdegna di mostrare le sue grazie) e il suo giovane vicino, la sua passione, che sconfina nel feticismo e lo supera abbondantemente (!!), di Jane per le “cose” e il ricordo del suo Fred, ci accompagnano per mano verso un finale delirante e tutto da godere, che da solo basta per dare un buon voto al film. Bava jr ha quindi realizzato una buona opera prima, che contiene gli stilemi di più generi e di tutti ne usa il meglio. Il film è macabro come da titolo e thriller all’estremo. Recitato non nel migliore dei modi e magari con qualche lungaggine di troppo ha però parecchi altri meriti per farsi guardare e ricordare. Lamberto non è suo padre Mario e non si avvicina alla sua acclamata bravura, questo lo sappiamo, ma un suo ruolo, grazie anche alle successive collaborazioni con Dario Argento, nel nostro genere preferito lo ha comunque…questo solo se mai riusciremo a perdonarlo (perché quello è tanto brutto quanto intollerabile) per il suo remake del ’90 de La maschera del demonio, quasi blasfemia per noi appassionati, cresciuti con la Steele in mente e Bava (padre) nel cuore.

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