Film di confine, dove la differenza di "genere" si dimostra quanto mai indefinibile e forse anche inutile. Relegarlo nel recinto dei thriller, definirlo noir per le atmosfere cupe e le belle luci e ombre che possiede o un dramma per la trama da "famiglia rovinata" che indubbiamente il film propone..è veramente troppo limitativo per un'opera che ha ragione di essere considerata "pietra miliare" di tanto e tanto cinema a seguire. Primo film a mostrare la vittima e dal punto di vista del killer, e quando diciamo "punto di vista" intendiamo esattamente che la telecamera si sostituisce allo sguardo dell'omicida...che incombe sulla vittima e rende "viziata" l'aria, che porta lo spettatore a far così inevitabilmente parte della scena che la tensione raggiunge il suo massimo come nessun altro espediente filmico era mai riuscito a fare. Questo farà la fortuna dell'osannato Maniac di Lusting (1980) e prima ancora del film che di questa tecnica è l'archetipo..L'occhio che uccide (1960). Questo film aveva però qualcosa di ancora più sensazionale, non era la semplice e diversa posizione della telecamera a fare la differenza, ma quella servì anche a dare dimensione e sostanza alla mente malata del serial-killer...la lente che distorce la scena, le donne che egli vede sono rappresentate come la sua mente le elabora (si veda per tutte la visione della cameriera muta, ai suoi occhi è stata creata senza bocca e inferiore perchè deforme), entriamo nella sua fobia, viviamo con lui le sue mostruose e aberranti sensazioni. Questo porterebbe a fare anche una veloce riflessione su quanto il cinema stesso possa essere visto come una "educata" e "vendibile" rappresentazione di una vena di vojeurismo che è presente in tutti noi...di una curiosità affine a quella di chi assiste senza essere visto, di chi gode nel sentirsi allo stesso tempo partecipe ed escluso. Visione estrema e opinabile, mi rendo conto, ma non poi cosi tanto assurda. Tornado al film...una trama che pecca, per i gusti odierni, di ritmo e sensazionalità, ma, abbandonando i filtri che il cinema contemporaneo impone, risulta comunque fluida e magari più affine alle pagine di un romanzo ottocentesco che ad una pellicola...ma di un gusto tanto classico e perfetto che si lascia apprezzare e godere. Sublime la recitazione, misurata e credibile. Attori tanto ben calati nella parte che a noi, costretti spesso a subire doppiaggio e "voci" spesso inadeguate, appare un delitto ben più grave di quello che vedremo sullo schermo sentire Alberto Sordi (davvero troppo difficile da non riconoscere) doppiare con la sua voce uno dei protagonisti...inutile e pessima scelta, ridicolizza il personaggio e irrita senza appello.
Il film è una continua rappresentazione, anche cinica e certo disperata, della lotta predatore-preda. Questo il filo che lega tutti i protagonisti, questo il pensiero della "madre/cassandra", che vede i suoi figli e la sua giovane cameriera come fossero leoni e gazzelle, come quelle che aveva visto e ucciso nelle sue spedizioni di "caccia grossa" in africa con l'idolatrato e defunto marito. Cerchiamo per tutto il film di indovinare l'assassino, di scoprirlo da una frase che lo tradisca e questo ci risulta difficile...difficilissimo. Non per una particolare complessità della vicenda, ma esattamente perchè in tutti ci sembra di scorgere una colpa, in tutti ci sembra di scorgere motivi per essere carnefice o vittima. Non manca una, seppur leggera e senza nessun legame con le vicende del film, critica a quanto anche vicende truci come quelle raccontate nel film, possano essere digerite dal nostro quotidiano...passate nelle mente senza lasciare traccia e insegnamento. Uno dei personaggi esattamente dice: Che differenza fa un omicidio o una lotteria per noi che leggiamo il giornale? Crudele e vera riflessione su quanto la notizia rimanga più "voglia di sensazionale" che fonte di riflessione...cinici e distratti ci vogliono e noi li accontentiamo ben volentieri. In conclusione "La scala a chiocciola" è un film da non perdere, da rivedere più volte per carpirne le particolarità e le tante bellezze nascoste. Che appagherà patiti di psicologia, amanti dello slascher-movie e anche chi di un film apprezza la tecnica e l'uso della camera...un film, come si usa spesso dire, seminale. Che attacca una visione borghese e darwinista della società...dove non sembra esserci posto per diversi e i falliti, dove altruismo e solidarietà, se non addirittura l'amore, sono relegati a sentimenti di secondo piano e sottomessi all'arrivismo e al profitto. Questo genera mostri, tutto questo genera perversioni e volontà di sottomettere il più debole... La trama: All'inizio del secolo, una tranquilla cittadina del New England è funestata da una catena di delitti contro giovani donne affette da menomazioni fisiche. A casa del professor Warren, la governante muta Helen ha ragione di temere per la propria vita. Il suo destino sembra segnato.