domenica 8 dicembre 2013

La morte ha fatto l'uovo (G.Questi,1968)



Di quanto originale sia l’avventura cinematografica di Giulio Questi nel panorama dei cineasti italiani, della sua militanza (che segnò praticamente tutto della sua filmografia) nelle brigate partigiane,  dei titoli e delle bizzarre trame dei sui pochi film…di tutto questo lascio a voi il piacere di cercare notizie e scoprire uno dei più originali e dimenticati della storia della “settima arte” di casa nostra. Uno di questi  suo  “strani” lavori è La morte ha fatto l’uovo del 1968. Quel 1968 che fu spartiacque per una generazione e che ha farcito, per mano del nostro regista, di tutto i suo umori la pellicola in questione. Anticonsumismo, attacco ad una borghesia ridicola nelle sue stessi vesti e un inno ad un, rivoluzionario per definizione, essere giovani e al dovere di avversare e sconfiggere la generazioni dei padri e dei nonni e il loro stucchevole conformismo. Tutto inizia in un moderno motel vicino l’autostrada, una serie di strani avventori e stranissimi comportamenti destabilizzano chi guarda il film…poi in una stanza un omicidio (scena colpevolmente tagliata nella versione italiana, questa come altre, dove quel po’ di nudo sembrava dovesse sovvertire chissà quale ordine sociale..) e conosciamo uno dei protagonisti, è Marco (Jean-Louis Trintignant)…industriale avicolo e, per quanto ci lascia capire il regista, uccisore di prostitute. Sua moglie (Gina Lollobrigida) è la titolare dell’azienda, la padrona, che tratta gli operai come i suoi polli e certo meno dei suoi macchinari, e che sopporta, anche solo per salvaguardare l'apparenza, il rapporto ben poco entusiasmante che ha con Marco. Penserà Gabry (la bella Ewa Aulin) a movimentare la trama, imbastirà una tresca con Marco e con un suo collaboratore, un personaggio il suo che risplende tanto per la purezza della sua cattiveria quanto per la bellezza dell'attrice. La trama non è sempre facile da seguire e magari Questi eccede nei sottesi  pistolotti politico-sociologici, ma paradossalmente questa deforme struttura di trama e girato riesce ad essere anche la forza stessa del film, lo trasforma se non in un bel film almeno in un oggetto di quelli da usare in autocelebrativi discorsi tra cinefili, di quelli dove si cita il cinema francese a sproposito e si arriva ai massimi sistemi anche partendo dalle inutililmente ammicanti movenze della Lollo nel film in questione. Ricatti e inganni e falsità sono la spina dorsale del film, si intuiscono orrore e cattiveria più che vederli, in tutto il film e di più nel finale ci sentiamo partecipi di qualcosa che sta per accadere…qualcosa di più deve esserci e lo avvertiamo bene, quei personaggi hanno da nascondere qualcosa e le loro maschere non possono che celare ben più che i loro vizi borghesi. Cosi sarà…la trama sarà sconvolta e un cattivissimo finale arriverà a sorprenderci per una evidente e voluta crudeltà e tutto si svolgerà in un clima da resa dei conti da lotta di classe. Film interessante, film sperimentale e complesso..che ha il suo limite nella inesistente espressività di Trintignant, nella lentezza e poca fluidità della trama e nella quantità di attenzione che ci richiede per essere apprezzato. Musica e montaggio di spessore e tanto farcito di temi sociali (dal capitalismo assassino alla pericolosità della biogenetica) da risultare ora motivo di conversazione ora motivo di repulsione per il cinema impegnato…ad ognuno il suo. Giulio Questi come Bunuel…affermazione non poi cosi assurda come sembra.