Le visioni su tela di Hieronymus Bosch accompagnano i titoli di testa…ma un inaspettato sole messicano ci spiazza già nelle prime scene del film. La cupezza che, forse ingenuamente, ci aspettavamo dopo quelle grottesche e apocalittiche figure di dannati e demoni è invece un accecante deserto e un villaggio abbandonato nel nulla. Già da questo intravediamo originalità e novità. Non sono le nebbie e i tetri manieri a fare da quinta al film, ma si tenta di attualizzare l’horror traghettandolo in una “diversamente spaventosa” contemporaneità, ottenendo un risultato, certamente meno suggestivo, ma che farà da ponte (siamo nel 1975) a tutto il filone del “horror rurale” americano degli anni a seguire. Anche il cast ci appare “diverso”. Leggere i nomi di “glorie” di Hollywood come Ida Lupino o dell’italianissimo (!) Borgnine sulla locandina di un film che rischiava, come è effettivamente accaduto, di rimanere al massimo tra i piccoli cult di genere, è quantomeno singolare. Vedere personaggi incappucciati in quel profondo sud americano ci rimanda alla memoria più l’odioso KKK che satana e seguaci, ma anche per questo il film guadagna in atmosfera. Nascono dalla “chiusura” mentale di chi abitava quei posti sia il razzismo del Klan che le varie sette religiose e sataniche che eccitavano e deviavano le menti delle comunità rurali. Da un processo e relativo rogo, che secoli prima aveva “giustiziato” il satanista Corbin, parte la storia del film. Questo è un essere demoniaco e apparentemente immortale che dopo 300 anni torna per riprendere un oggetto che è parte stessa del suo potere malvagio. E’ un libro che elenca il nome delle anime dannate che aveva consegnato al diavolo. Custode di quel libro, fin dai tempi del processo, è la famiglia Preston e, ora che Corbin è tornato, per tutti i componenti della famiglia la vita diventerà pericolosa e spaventosa. Per trasmettere questo “spavento” anche al pubblico in sala, Robert Fuest (il regista) si affida a bravissimi realizzatori di effetti speciali, una vera squadra, il cui compito è: lasciare sconvolti sulle loro poltrone al cinema quante più persone possibili. Per l’epoca e per i mezzi a disposizione il compito sembrava tanto difficile quanto ottimo fu poi il risultato. In particolare, il modo che Wenger e compagni escogitano per rappresentare la morte dei seguaci incappucciati di Corbin, letteralmente si sciolgono davanti ai nostri occhi, ha, non solo ottenuto l’effetto di sconvolgere il pubblico, ma provocato vere scene di panico e svenimenti nelle sale di programmazione. Il finale, ben 15 min di liquefazioni varie, ha convinto e disturbato ma, compresi tanti futuri registi allora adolescenti, lo ricorderanno tutti. La Pioggia del Diavolo (questo il titolo originale) è, per l’America, il film dove il “satanismo”, già filone apprezzato due anni prima con L’esorcista, diventerà definitivamente una delle declinazione del nuovo horror di quei stranissimi e psichedelici anni ’70…anni dove si abbandoneranno del tutto i romanzi e i racconti gotici ottocenteschi per sostituirli, nella ricerca dei soggetti per un film, con il quotidiano, con le fobie e con le nuove paure dell’uomo di questo secolo.
Prima volta sullo schermo per un giovane John Travolta...piccola particina, niente di che.
Nessun commento:
Posta un commento